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SETTEMBRE 2011 – DIARIO DI MISSIONE

Bondo 1 settembre 2011

Carissimi,
bentornati a casa dalle vacanze, con il fisico riposato e il cuore arricchito da qualche bella esperienza di amicizia o di solidarietà.
Ha ragione il Saggio della Bibbia (Qoelet, al capitolo 3), che da oltre duemila anni ci ricorda come ci sia “un tempo per ogni faccenda sotto il cielo. Tempo per lavorare e per riposare; tempo per viaggiare e tempo per tornare a casa, tempo per amare, per vivere e per morire!”. Andate a rileggere questo simpatico e ironico analista della realtà umana; attenti solo a non farvi prendere dal suo raffinato pessimismo.
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Vacanze in vista anche per me.
Dopo tre anni che sto lavorando qui in Congo, anch’io comincio a prevedere un periodo di riposo serio. Sarà verso la fine dell’Anno, con l’ipotesi di passare il Natale in Italia con voi. I miei Superiori mi hanno comunicato che dopo il mio servizio a Bondo sarò trasferito nella città di Butembo, in una zona più a est di questo immenso Congo. Da un lato mi spiace di dover lasciare una realtà sociale ed ecclesiale particolarmente bisognosa di un servizio missionario forte e generoso; dall’altro mi sto accorgendo che le numerose malarie di questi anni hanno ridotto notevolmente la mia capacità di recupero delle forze necessarie. Sono stanco. A volte troppo stanco. Ma devo resistere; mi restano un paio di mesi per portare a termine alcuni impegni importanti che mi sono stati affidati.
Innanzitutto c’è il servizio pastorale nella Cappella di Limbasa, alla periferia della città, destinata a diventare Parrocchia. Ancora prima delle strutture essenziali dobbiamo preparare gli animatori della Comunità; ma siamo soltanto ai primi passi di un percorso che sarà lungo e impegnativo.
Accompagno poi come Consigliere spirituale l’unico Istituto  di Suore presenti in Diocesi. Si tratta di una Congregazione nata dalla fusione di due precedenti Istituti Religiosi. Hanno scelto il nome di Suore di Gesù Educatore; e si tratta di una realtà ancora in fase di assestamento. E’ difficile esprimere in forme culturali africane i grossi valori evangelici della povertà, della castità, del celibato e dell’obbedienza che sono i perni della vita religiosa consacrata nella Chiesa cattolica.
Altro impegno che come Comboniani offriamo alla Diocesi, è il Centro Pastorale per la formazione dei Catechisti. Il Direttore è P. Désiré, congolese; a me spetta il servizio dell’economia e della gestione pratica.
Lo stesso servizio amministrativo mi è toccato per questi tre anni all’interno della comunità Comboniana. Altrove ci pensano i fratelli non sacerdoti, che possono dirigere anche tutti i lavori e le mille attività di promozione umana legate alla nostra presenza in Missione. Qui in zona di Bondo, l’unico fratello disponibile, il mitico Tony Piasini, è impegnato a riparare strade e ponti nella lontana missione di Bambilo.
Per me, da oltre un anno e mezzo, si è aggiunto un altro impegno delicato: si tratta di accompagnare la costruzione dell’Ospedale diocesano che ha il simpatico nome di “Ntongo Etani” (in lingala significa: “Il Mattino si è acceso”).
Inizialmente pensato come ristrutturazione di un piccolo dispensario di base, il progetto è successivamente diventato qualcosa di più solido, con la partecipazione della Diocesi di Bondo, la Regione Veneta e la Diocesi di Treviso.
Nel 2009 un consistente aiuto del Governo Italiano ha permesso di completare gran parte della struttura muraria, soprattutto con la presenza di Beppe Solfrini, un Volontario romagnolo, giovane ed energico. Ma quando Beppe è dovuto rientrare allo scadere del suo contratto, a partire dal mese di aprile del 2010 l’impegno di accompagnare e completare i lavori è caduto sulle mie spalle.
All’interno del progetto restavano da risolvere due impianti delicati: quello dell’energia elettrica (illuminazione e gestione delle macchine) e quello del settore acqua e igienico-sanitario. Non avendo sul posto i tecnici competenti abbiamo pensato di ricorrere a dei volontari italiani.
Così è arrivato Valentino. Classe 1949. Valtellinese doc. (Piateda di Sondrio). Esperto elettricista con una bella esperienza di lavoro all’estero, dalla gelida Svizzera alla torrida Arabia Saudita.
Valentino ha fatto un mezzo miracolo. In due mesi di tempo, superando difficoltà notevoli sia per la mancanza di materiale (non adatto o insufficiente) sia per i collaboratori professionalmente assai limitati, è riuscito a mettere a segno il grosso del progetto.
L’impianto per la corrente a 220 volt è finito a regola d’arte e collaudato. Un grosso motore a diesel di 12 KA fornisce energia per tutte le macchine previste, in particolare per la Radiografia e la Sala operatoria.
Purtroppo manca ancora da completare l’impianto della luce a 12 volt che permetterebbe un risparmio enorme di carburante. Una serie di batterie e di pannelli solari sono già piazzati e pronti ad entrare in azione. Purtroppo i pezzi necessari per completare l’impianto, forniti da un altro amico tecnico valtellinese, Enrico Magini, non sono arrivati in tempo prima della partenza di Valentino. Il suo permesso di soggiorno lo obbligava a lasciare Bondo prima della fine di agosto.
Ma ormai il suo destino è segnato. Se troviamo i soldi per pagargli il viaggio lui è disposto a ritornare. A parte l’Ospedale Ntongo Etani, altri importanti lavori avrebbero bisogno della sua esperienza.
Cinquant’anni di vita missionaria comboniana.
Vi chiedo di unirvi  a me nel ringraziare il Signore che “con la sua grazia e per la sua misericordia” mi ha accompagnato e sostenuto durante questo lungo cammino sulle strade della Missione. Dal lontano 9 settembre 1961, sono passati ormai cinquant’anni: mille esperienze per crescere attraverso un Mondo in piena trasformazione sociale, economica e culturale. Ricordo gli anni del “miracolo italiano”, gli anni affascinanti degli studi di teologia a Roma durante il Concilio Vaticano II, la conquista della Luna, il carisma di uomini come Martin Luther King, il fascino del Presidente Kennedy e di Papa Giovanni XXIII;  le indipendenze a raffica dei nuovi Stati africani, e soprattutto la cosiddetta “rivoluzione del ‘68”, prolungatasi, attraverso la violenza degli anni di piombo, fino al 1978.
Uno dopo l’altro, i vari impegni missionari mi hanno portato dal Canada al Burundi, dall’Europa agli USA, dal Congo al Kenya e poi, dopo una lunga pausa italiana, ancora in Congo.
Ditemi voi: come potrei mai ringraziare il Signore se non rinnovando ogni giorno, “con gioia e con amore” il mio impegno al Servizio del Vangelo?.
Ma vi assicuro che a volte questa fedeltà alla Missione è dura. Faticosa. Pesante al limite delle forze.
Fare Missione in mezzo ai “poveri” può diventare rischioso anche per il missionario più serio e motivato. Ma intendiamoci bene, non si tratta solo di poveri economicamente, ma di persone immerse in una serie di condizionamenti sociali, culturali, politici ed economici che bloccano in modo tragico la possibilità di uscire da una vita che non ha la possibilità di scelte libere e ragionate; ma è come una serie di sprazzi di esistenza senza un minimo progetto … Con esperienze a volte brucianti e dolorose.
Mi trovo spesso a gridare al Signore, come il Salmista: “Ma dove sei Signore? Hai proprio dimenticato i tuoi figli che chiedono un po’ di pace, un po’ di cibo, un po’ di respiro in una vita che sembra essere soltanto fatica e lotta per sopravvivere?”.  A volte sono davvero amareggiato per il peso della sofferenza che si accumula sulle spalle di tante gente, soprattutto delle donne di una certa età, che dopo aver dato il sangue per allevare tanti figli si ritrovano costrette ancora ad allevare nipoti nati da brevi avventure di adolescenti,   oppure a subire pressioni di chi  pretende di fare ancora studi costosi, lontano da casa, per inseguire modelli di una vita impossibile.
Siccome prima o poi le persone in difficoltà arrivano alla nostra porta, mi trovo spesso in situazioni davvero angosciose. Come se un destino di  felicità  o di tristezza, come se la vita o la morte di tante persone, dipendesse da me. Classici i casi di operazioni chirurgiche urgenti. Qui i medici non scherzano. Si paga in grammi d’oro; o in dollari. Sempre in anticipo. E sono autentiche sberle che mettono in ginocchio le famiglie che riescono a pagare. Oppure è la tomba.
E allora dico al Signore: “Ma per favore fa’ qualcosa … blocca questa ondata di disperati! Non posso rubarti la missione che è solo tua … non sei Tu che hai detto: “Sono venuto affinché abbiano la Vita, e l’abbiano in abbondanza?”.     Veramente Lui la sua risposta l’ha data; e quello che poteva fare lo ha fatto.
Basta guardarlo inchiodato su quella Croce: il cuore del Vangelo e della Speranza che, come missionari, dobbiamo annunciare. Con pazienza infinita e spesso con la grande sofferenza di non arrivare a rispondere al grido dei più poveri.
Ma adesso, davanti al dolore dell’uomo in carne ed ossa, dove sono i limiti della nostra responsabilità, sia come individui sia come Comunità umana e cristiana?
Vi  lascio con questa domanda.  E con un grazie potente per quanto fate per sostenere “Panespezzato” nei suoi molteplici interventi. Ci risentiremo presto.
Vostro p. Gianni