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Fides

By admin | gennaio 1, 2008

Fides

Lettera associata:

Venegono Superiore, estate 1975 (la storia di Fides)

Testo tratto dalla lettera: “Vegegono Superiore (Italia), Santa Pasqua 1975”

[…] La storia di Fides

E’ una pagina di sofferenza che è stata scritta da una famiglia travolta dalla tragedia Burundese. Siméon Rwabaye era un bravissimo funzionario del governo: Direttore Generale del Ministero degli Affari Sociali; benvoluto e stimato. Nonostante fosse di etnia hutu (muhutu), originario di Mabayi, zona povera e disprezzata, egli si era attirata la stima generale per la sua competenza, tanto che aveva partecipato a importanti delegazioni del suo paese in Canada e in Europa.

Cambiavano i Ministri, ma lui rimaneva al suo posto. Aveva la coscienza pulita; faceva le cose per bene! Quando nel maggio del 1972 i Batutsi impazzirono e si misero a sterminare i loro fratelli Bahutu, anche Siméon ebbe un attimo di esitazione: “Scappare? Ma perché?”. Egli non aveva nulla da rimproverarsi! Perciò rimase, firmando in tal modo la sua condanna a morte.
Andarono nel suo ufficio a prelevarlo, i primi giorni di maggio e lo portarono via insieme a tanti altri impiegati, proprio come “agnelli condotti al macello”.

A casa rimaneva la moglie. Berta, con sei bambini ad attenderlo. A sera Siméon non tornò, perché dovevano interrogarlo.
Il giorno dopo sarebbe tornato a casa.  Ma invece del marito, il giorno dopo Berta si vide arrivare a casa i soldati che le intimarono di andarsene con i suoi stracci e i suoi figli, al più presto. L’interrogatorio non era stato necessario; poi, gli imputati come avrebbero potuto rispondere, tutti allineati in una fossa comune con la bocca piena di terra?
Berta prese i suoi figli e le sue poche cose e si rifugiò nel seminario di Bujumbura, per tutto quel lungo maggio di sangue.  Passata la bufera consigliammo Berta di tornarsene a Mabayi; essa aveva un diploma di maestra e avrebbe avuto un posto di insegnante alla missione.

Passò un anno nell’incertezza. La pace non accennava a consolidarsi nel cuore della gente e nei rapporti tra le due Etnie. Dopo i terribili “avvenimenti” – così li chiamavano per reciproco timore – un dialogo sincero era impossibile. Altri disordini scoppiarono nella capitale Bujumbura, per cui Berta decise di andarsene dal Burundi. Non si sentiva di lasciare i figli in balìa degli assassini di suo marito.
Attraversò la foresta e fu subito in Rwanda, il paese amico vicino. La tragedia intanto aveva commosso gli amici di Padre Gianni e aveva fatto pensare a qualcuno un progetto coraggioso: una maestra pensionata di Sondrio, Lena Marzi, chiese di poter contribuire all’educazione della figlia più grande di Berta, Fides Hatungimana; e di averla con sé qui in Italia.  A un passo del genere ci siamo decisi solo dopo aver ben pesato gli aspetti positivi e negativi. Sappiamo anche noi i rischi che si corrono al giorno d’oggi, quando ci si propone di educare per lunghi anni una ragazza che viene da un mondo talmente diverso dal nostro.
Intanto Fides è venuta in Italia. Si è ambientata molto bene; studia e si comporta in modo veramente esemplare per una ragazza della sua età. A tredici anni non è facile capire la tragedia che ha colpito la propria famiglia e il proprio popolo.

Ma avrà tutto il tempo per studiare e prepararsi a dare il suo contributo per una liberazione dei suoi fratelli Bahutu, e di tutto il Burundi, liberazione che presto o tardi si farà. …. […]

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