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NOVEMBRE 2008 – Diario di Missione

By admin | novembre 30, 2008

Kinshasa – 1 novembre 2008

 Il Congo, orgogliosamente autoproclamatosi Repubblica Democratica da alcuni anni, non decolla ancora.
Ecco quello che mi capita di vedere ogni giorno che esco sulle strade della città:
–    un mare di gente che corre alla ricerca del necessario per sopravvivere…come un fiume in piena le cui arterie principali si moltiplicano in mille rivoli secondari.
–    Strade in stato pietoso all’interno di una città che non ha ancora recepito il suo ruolo di Capitale di uno stato ricco e grande come il Congo. Non ha ancora trovato amministratori competenti e coraggiosi.
–    Il traffico enorme e caotico, fatica a scorrere su strade che da decenni non rinnovano l’asfalto e hanno visto moltiplicarsi per mille il numero delle vetture, delle moto, dei camions, delle biciclette…è una sfida per chiunque si azzarda a mettersi in viaggio. A parte le lussuose auto di rappresentanza diplomatica o delle grosse compagnie commerciali, sembra davvero un po’esagerato chiamare “automobili” certe carcasse ambulanti, ferite e rattoppate  nei modi più fantasiosi, stracariche di gente e di mercanzie. E’ impressionante vedere come questi spericolati mezzi di trasporto prendono d’assalto qualunque spiraglio di spazio per avanzare più veloci rispetto alla concorrenza
–    Testimoni di questo autentico spettacolo, e immersi anche loro in questo fiume tumultuoso  che riempie le strade dall’alba al tramonto, sono centinaia di poliziotti che devono trovare proprio sulla strada un “salario minimo” che il Governo non riesce ad assicurare. Fanno un po’ tenerezza e compassione. Ma chi capita sotto i loro controlli, passa momenti difficili.
–    Accanto alle auto e agli automezzi c’è il mare della gente impegnata nelle più incredibili forme di traffici e commerci spiccioli. Si muove a ritmo intenso e vivace, portandosi in testa o sulle spalle quanto tenta di smerciare. Fermandosi in qualsiasi spazio e creando micro-esposizioni di qualsiasi prodotto, oggetto nuovo o vecchio, bello o brutto, utile o banale.
–    Un misto incredibile di fantasia, illusione o, forse, di disperazione, sono le spinte che mandano avanti questa umanità. Avrebbe il diritto di esplodere, di rivoltarsi contro un sistema politico e amministrativo che da decenni sta dilapidando le ricchezze del paese per i suoi interessi personali. Invece, semplicemente e tenacemente,  cerca sentieri di sopravvivenza.

Politicamente le cose si mettono male.

Da pochi giorni il Presidente Joseph Kabila ha formato il nuovo governo, mandando a casa il primo ministro Gizenga, antico e famigerato rivoluzionario degli anni sessanta, vero dinosauro della politica congolese. Chissà come mai, dopo tutto quello che ha combinato, oggi lo chiamano “patriarche” (patriarca), e gli pagano una pensione d’oro!
Ma all’est del Paese, nella regione del Nord Kivu, i ribelli del generale Nkunda, minacciano di conquistare la città di Goma. Il Generale responsabile della MONUC ( le forze internazionali dell’ONU presenti per difendere gli accordi di Pace nella zona), ha dato le dimissioni. L’esercito nazionale congolese (FARDC) non è in grado di difendere il Paese da qualsiasi nemico, tanto meno dalle forze del generale Nkunda, armate ed equipaggiate al massimo, e sostenute dal Rwanda.
La gente scappa dalla città di Goma, sapendo di rischiare la vita.
Euronews parla chiaramente di scontro razziale tra Tutsi (l’armata di Nkunda) e Hutu, la maggioranza della popolazione residente a Goma e dintorni. Le radici di questo scontro, che sembra non finire mai, sono profonde e complesse; in parte risalgono ai tempi della colonizzazione belga che ha radicalizzato le differenze razziali e ne ha facilitato la cristallizzazione per interessi molto pratici e amministrativi. In parte tali differenze e tensioni razziali si sono aggravate dopo i drammatici avvenimenti del 1994, (uccisioni di massa dei Tutsi e Hutu moderati in Rwanda) e i successivi massacri della popolazione Hutu, fuggita in Congo dal Rwanda per evitare la vendetta dei Tutsi di Kagame, nuovi padroni del Rwanda.
Tre anni più tardi, l’impresa rocambolesca e quasi incredibile di eliminare il dittatore Mobutu Sese Seko, condotta da un’alleanza militare tra Uganda e Rwanda, e guidata da Laurent Désiré Kabila nel 1997, ha reso ancora più complessa la situazione dell’Est del Congo, zona ricchissima di minerali preziosi. Per ripagarsi della collaborazione prestata a Kabila, le armate dei due paesi confinanti, da anni ormai, hanno considerato quel territorio come preziosa riserva di caccia: oro, coltan e diamanti sono stati saccheggiati con la collaborazione tecnica di grosse imprese straniere.
Un grande sforzo della società civile congolese e il sostegno di tante organizzazioni internazionali  era riuscito a elaborare un delicato Piano di Pace, chiamato “Amani”. Ma il Generale Nkunda da lungo tempo e ora in modo spavaldo, lo ha rinnegato e ora si è messo apertamente contro il governo centrale di Kinshasa, scontrandosi con l’esercito regolare, massacrando gente innocente, creando una situazione di disperazione insensata tra le gente del Nord Kivu.
Le istituzioni Politiche Internazionali (Nazioni Unite, Unione Africana e Unione Europea) non hanno il coraggio di denunciare l’aggressione di Nkunda, spalleggiato dal Rwanda.
Si limitano a deplorare la gravità di una ennesima “catastrofe umanitaria”! E a inviare delegati di altissimo livello diplomatico (e di altissimi costi pagati da tutti noi), per constatare quello che tutti sanno: una mostruosa violazione dei diritti umani di una popolazione inerme, con violenze, distruzione dei villaggi, stupri e massacri di innocenti.
E’ prevista una Conferenza Internazionale a Nairobi con la presenza dei Capi di Stato del Congo (Kabila), del Rwanda (Kagame) e degli altri paesi dei Grandi Laghi. Riusciranno a combinare qualcosa?
Intanto la gente muore. E due milioni di persone sono allo sbando.

Kisangani, 8 novembre, 2008

Sono ormai otto giorni che siamo arrivati a Kisangani, importante città capitale della Provincia Orientale.
Prima dell’indipendenza si chiamava Stanleyville, in onore del famoso esploratore al servizio del re del Belgio. In passato, durante la Colonia deve essere stata molto bella.
Adesso è una tipica città africana, con resti architettonici di un certo rilievo: palazzi, ville e casa che ricordano il florido periodo coloniale. Ma i segni della decadenza prevalgono su quelli della crescita. L’esplosione di alcune forme di sviluppo tecnico: telefonini, motociclette, biciclette in quantità, computer, parabole per Tv satellitare, agganciano al mondo moderno una città che vive ancora in una realtà rurale, fragile, ferita.
Anche Kisangani è una città ferita da 48 anni di indipendenza che hanno prodotto una Nazione dissanguata da un sistema politico di dittatura e di corruzione. Un sistema che si è sempre sostenuto sfruttando ambigue alleanze con potenze economiche straniere.
Ci sono Istituzioni di un certo prestigio: Università, Ospedali, qualche Banca, un aeroporto ereditato dalla Colonia Belga. Ma i segni di una nuova stagione di libertà e di progresso non si vedono ancora; prevale la fatica della lotta quotidiana per la sopravvivenza.
Eppure da questa città passano fiumi di denaro prodotto dalle miniere congolesi del Nord e dell’Est;  di questa ricchezza non rimane traccia per la popolazione. I profitti vanno ai grossi commercianti di oro e diamanti che hanno i loro uffici (comptoir) qui in città.
Intanto di aerei per Bondo neppure l’ombra, e noi siamo bloccati.
Nessuna compagnia assicura un collegamento regolare. Alcune ipotesi emerse nei giorni passati si sono rivelate infondate… dobbiamo solo aspettare…e sperare! Stiamo sperimentando sulla nostra pelle quello che è difficile immaginare all’esterno: il Congo, un Paese dalle dimensioni continentali e con ricchezze immense, non è in grado di gestire i servizi fondamentali della società, di prendere in mano le semplici sfide della vita quotidiana: la posta, l’acqua, la luce, le strade.
La guerra che è in atto all’est del Paese, nelle Regioni del Kivu, ha radici profonde in problemi che sembrano superare le forze dello Stato centrale. Lo sviluppo di gruppi guerriglieri locali, sostenuti da potenze estere (Uganda, Rwanda e Burundi) e da grosse Compagnie Minerarie Internazionali, è la conferma di questa situazione.
I politici congolesi sono maestri nell’analisi della situazione; ma in quanto a decisioni concrete per risolvere i problemi siamo a zero!
E la Comunità internazionale non può fare altro che essere “testimone impotente”, e nonostante una massiccia presenza (si parla di 17.000 militari della forza di interposizione della Monuc), è incapace di impedire la violenza, le rapine e le ingiustizie a danno della popolazione locale.
Gli strateghi della politica Internazionale stanno balbettando proposte inadeguate.
Non hanno la forza morale e il coraggio di dire una verità difficile, che potrebbe smascherare gli interessi e i giochi perversi dei veri protagonisti dei disordini in atto.
Intanto gli innocenti muoiono tra l’indifferenza e la rassegnazione generale.

Kisangani, 11 novembre 2008

Finalmente un aereo è pronto per portarci a Bondo.
Grazie ad una serie di contatti privilegiati tra il nostro Vescovo di Bondo Mons. Etienne Eng’owun, anch’egli bloccato come noi, e il Governatore di Kisangani, suo concittadino.
Non è ancora chiaro se il Governatore sia un  uomo magnanimo o un furbo matricolato. Di
fatto ci ha ricevuto in udienza particolare dopo 5 ore di anticamera, e ci ha dato due regali preziosi: i soldi per l’aereo Kisangani-Bondo (circa 6.000 dollari) e la seconda  parte (contributo di 10.000 dollari) di un fondo per la riparazione delle strade che il nostro fratel Tony Piasini sta portando avanti da oltre 20 anni.
Non è chiaro appunto se ci ha dato il malloppo che ci spettava  per i lavori necessari, oppure solo le briciole di un più consistente Fondo governativo destinato a tutta la provincia Orientale. Di fatto questo prezioso acconto permetterà di rilanciare i lavori, già avviati nei mesi passati, per riaprire la strada Bondo-Bili. La somma, rispetto all’impresa da compiere, è in verità assai modesta; ma Fratel Tony Piasini, che è impegnato nel settore dello sviluppo locale, non si scoraggia. Ha la fortuna di avere ottimi collaboratori, sia tra i Capi tradizionali che coinvolgono la gente, sia tra gli animatori delle squadre degli operai. E vent’anni di esperienza sul campo.
Dopo diciotto giorni che siamo sbarcati a Kinshasa, la voglia di concludere questo interminabile viaggio è forte.
Dato che l’aereo disponibile per noi è solo un piccolo “porteur” di soli dieci posti, veniamo indirizzati all’aeroporto secondario della città. C’è posto per  il nostro gruppetto; ma non per i nostri bagagli. Per quelli dovremo trovare una soluzione alternativa.
Pazienza!
Verso mezzogiorno ci godiamo il miracolo della partenza verso la destinazione finale.
Un paio d’ore di volo sopra una foresta impressionante. E siamo subito a casa.

Bondo, 12 novembre 2008

Ritorno in Congo dopo 18 anni e ritrovo una realtà che impressiona per la complessità delle sfide che offre. C’è una voglia diffusa di superare decenni di crisi e di vuoto di potere, di corruzione e di mala amministrazione, ma la realtà da affrontare è piuttosto amara: strutture risalenti all’età coloniale; erosione dell’ambiente naturale (a Kinshasa è uno scandalo pauroso, con interi pezzi di città sono ingoiati dalle frane); ma soprattutto erosione della coscienza morale generale. Dichiarata consapevolezza della crisi, lucida analisi della realtà e dei problemi;  ma anche una diffusa rassegnazione e paurosa mancanza di concretezza nel proporre almeno alcuni obiettivi di rinnovamento. Si respira l’orgoglio e la fierezza di appartenere ad una grande nazione; ma anche il disagio di non poter risolvere i tanti piccoli e quotidiani problemi di sopravvivenza.
Eppure la gente, questa splendida gente africana, nella sua lotta quotidiana per sopravvivere, riesce perfino a mantenere la serenità e a sorridere.
Mistero di una Speranza diffusa ad ogni latitudine del Mondo.
Alla sera, il giovane Vescovo Etienne Eng’owun, rientrato insieme con noi da un’importante  visita in Europa, ci raduna con tutti i suoi preti e religiosi  per fare un rapporto diretto ed essenziale degli incontri  che ha avuto e dei progetti che in questi mesi ha elaborato.
E’ un invito alla speranza… all’impegno di tutti… all’ottimismo nonostante le evidentissime difficoltà.
Il giorno seguente abbiamo ospiti a cena i due medici titolari dell’Ospedale. Sono scoraggiati. Da due anni il Governo non ha mandato proprio niente: né medicinale né alcun altro materiale. Qui si fanno interventi chirurgici con le lamette da barba “Gilette”!  Vi rendete conto?
Ieri abbiamo avuto un’altra visita importante: due Capi dell’amministrazione locale tradizionale, molto amici di Fratel Tony, vengono a complimentarlo per il suo ritorno a Bondo dopo la permanenza in Italia e a fare una visita di cortesia alla Comunità. Con loro abbiamo un rapporto cordiale e limpido. Hanno la convinzione, lungamente provata dall’esperienza, che la Missione è  partner preziosissimo per la promozione della realtà sociale in cui viviamo. Soprattutto per le strade e per i ponti,  il nostro Fratel Tony si è fatto una fama straordinaria.

Bondo, 13 novembre 2008

Clima tropicale.
Temporali fortissimi, che durano due o tre ore soltanto, ma rovesciano tonnellate di acqua preziosa per una terra ricca di foreste e di savane assetate. Il fiume Uele, che sfiora la cittadina di Bondo, è gonfio e veloce; passa vicino al Centro Direzionale e all’aeroporto. Una ricchezza di energia tutta da scoprire e valorizzare… Fratel Tony da anni coltiva il sogno di realizzare una turbina per l’energia elettrica.
Non è impresa facile; ma certo risolverebbe una quantità enorme di problemi per la città e le sue Istituzioni più importanti.
Insieme con Padre Désiré Badola, un comboniano congolese responsabile del Centro Pastorale Diocesano, abbiamo fatto una visita dettagliata delle strutture e un giro d’orizzonte dei Progetti, dei Programmi e dei Problemi che si pongono per una gestione adeguata del Centro. Si tratta di una sfida veramente grande: strutture da modernizzare e da rendere funzionali, personale da sostenere con una formazione aggiornata, obiettivi a medio e lungo termine da identificare in una prospettiva di “africanizzazione” e di una autonomia rispetto agli aiuti esterni.
Un impegno proposto dai Vescovi africani fin dal lontano 1973, ma che rimane purtroppo ancora un sogno difficile da realizzare! Ma cercheremo di mettercela tutta.

Bondo, 23 novembre 2008

Oggi è stata una grande festa presieduta dal vescovo Etienne, con la consacrazione di alcune giovani donne alla vita religiosa. Canti e danze senza limiti di ritmi e di tempi. Una celebrazione di oltre tre ore che ha scatenato la gioia di tutta la Comunità.
Anche qui fa una certa impressione vedere della belle ragazze che, prima di ricevere l’abito religioso, letteralmente “si liberano” di orecchini e finti capelli (parrucche) stile americano tanto di moda fra le giovani generazioni femminili.
Ma rimane comunque una sensazione di disagio: la vita religiosa consacrata, sia maschile sia femminile, è stata organizzata su modelli importati dall’Europa. A parte la sincerità delle singole persone che fanno una scelta coraggiosa di distacco dalla famiglia, in una società africana che si aspetta moltissimo dai suoi figli e stenta a cogliere questa dimensione radicale del Vangelo, abbiamo la sensazione  che la vita religiosa crei una classe sociale di gente privilegiata che stenta ad essere “segno efficace” del Regno di Dio proposto dal Vangelo. Mentre l’obbedienza può essere facilmente accettata dalla cultura africana, assai rispettosa dell’Autorità, la povertà che non preveda la condivisione dei beni e la castità che non prevede la trasmissione della vita, fanno più fatica ad essere vissute serenamente. Il modello di vita importato da noi missionari rischia di produrre religiosi distanti dalla gente che, per vivere hanno bisogno di tante cose e strutture tipiche di una classe medio-alta; come di fatto siamo noi missionari venuti dall’Europa.
Lo sforzo sincero di incarnazione che molti di noi stanno facendo non sembra ancora produrre risultati significativi. Abbiamo ancora una lunga strada da percorrere.
Nota tecnica: al ricevimento serale tenuto nel convento delle suore, un serpente piuttosto pericoloso è venuto a disturbare la festa; ma è finito male. E’ incredibile la capacità della gente di “sentire” il pericolo e di vederlo anche nell’oscurità più forte.
Per noi c’è anche la famosa frase del vangelo di Marco: “Né veleni né serpenti faranno del male si servitori del Vangelo”!
Rimane un piccolo dubbio: e se il “servitore” del Vangelo non è proprio così fedele, scamperà al pericolo?

Bondo, 29 novembre 2009

E’ arrivata la notizia della morte, in Italia, del Volontario bresciano Gino Filippini, rientrato da poco da Korogocho.
Tredici anni di servizio generoso e tenace in quell’inferno di polvere, diossina, miasmi.
Tredici anni di vita spesi con amore in un avamposto-simbolo della Missione nuova hanno coronato una vita splendida spesa totalmente per l’Africa. Dal Burundi al Rwanda, all’Uganda, al Congo e infine al Kenya. Queste le tappe principali del suo pellegrinaggio di amore e di servizio per gli Africani.
Compagno forte ed animatore esigente, ha voluto essere in comunione con i Missionari religiosi, ma rivendicando una sua linea di laico capace di autonomia critica nelle scelte quotidiane.
Una signora africana, nostra collaboratrice a Korogocho lo ha definito una “icona della Speranza”.
E’ proprio vero.
Per lavorare tanti anni in certi contesti africani bisogna proprio essere impastati di speranza per poterla trasmettere agli altri.
Oggi, 29 novembre, è proprio l’anniversario della morte di un’altra splendida figura di Volontaria, Antonia Simionato, che ha lavorato con noi e con Gino qui in Congo. Che donna!
Persone come lei e come Gino lasciano un segno profondo nel cuore della gente.
Qui in Congo, nelle due Zone di Ango e di Bondo c’è tanta gente che per merito loro ha fatto un vero salto di qualità nella loro vita.
Il loro nome è una benedizione.

p.Gianni

Topics: Diario di Missione | 1 Comment »

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