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Korogocho (Nairobi), Santo Natale 1992

By admin | dicembre 25, 1992

S H A L O M… sulle tracce di chi costruisce la PACE

Korogocho (Nairobi) Santo Natale 1992

Carissimo Don Giuseppe,

davanti a me queste pagine bianche, una lampada, la Bibbia e l’Eucaristia, il Pane dei poveri che mi accompagna per le strade di Korogocho.

E’ notte. Ho deciso di anticipare il Natale vegliando con te e ripercorrendo alcuni momenti della mia vita. Sarà una notte di contemplazione e di Eucaristia; il mio grazie a Lui e il mio augurio a voi.

Chiedo a te, Giuseppe, il servizio prezioso di trasmettere queste note agli amici di SHALOM, nel modo che riterrai più opportuno.

Ho camminato a lungo durante questo ultimo anno, cercando di tenere il passo e il ritmo impetuoso di Alex, il fratello-amico con il quale sto riscoprendo la Missione e il Vangelo come Buona notizia per i poveri.

Ho imparato moltissimo. Direi che, finalmente la Missione mi si sta aprendo con i suoi orizzonti più profondi. Senza rinnegare il passato, sto scoprendo che ci sono cose grosse e belle da fare, che abitualmente sfuggono all’azione dei Missionari “classici”.

Essere a Korogocho, immerso in questo mare di miseria, dove decine di migliaia di persone lottano ogni giorno per sopravvivere, è un dono prezioso e una sfida unica che auguro a tutti i missionari. Prima o poi tutti ci dovrebbero passare. Anche i preti diocesani, e le Suore e i Vescovi delle Chiese nostre della vecchia Europa, dovrebbero scovare, cercare con amore, nella città dove vivono, la realtà dei Poveri.

Tu, Don Giuseppe, mi conosci abbastanza da capire quello che ti sto dicendo. Abbiamo condiviso da sempre la nostra vita di Sacerdoti e di Missionari. Ebbene, ti posso dire senza paura quello che sta emergendo sempre più chiaramente dall’esperienza che sto facendo. E’ una nuova coscienza di essere cristiano. Dobbiamo tutti insieme avere il coraggio di cambiare radicalmente la nostra vita se vogliamo che il Vangelo abbia un qualsiasi significato per il Mondo e la gente di oggi!

Noi preti prima di tutti, e con noi i cristiani più consapevoli dobbiamo fare questo cammino di ritorno alle “origini”, a Betlemme, al Natale di CRISTO.

Povero Natale! Massacrato, sconsacrato e sepolto sotto la valanga di cose assurde e inutili!Siamo tutti come intrappolati in un sistema che ci impedisce di essere liberi, noi stessi, sereni e distaccati. La Povertà di Natale è soprattutto libertà da queste assurde forme di condizionamenti che contraddicono con la realtà della vita di milioni di uomini: violenza, fame, malattia, guerra, AIDS, stanno massacrando milioni di Poveri Cristi. E noi rischiamo di celebrare un Natale ben protetto, isolato da queste realtà sconvolgenti.So che tu sai fare cose “enormi” per mettere in crisi la tua Comunità e sensibilizzarla per i poveri: la fantasia e le proposte, le sfornate a getto continuo. Ultima quella dell’8 Dicembre, con la telefonata “di gruppo” da Mossini.

Tu sai quanto sono consapevole dell’enorme difficoltà che si prova a rompere la corazza che avvolge il cuore, le mura, le case, la vita della nostra gente. Eppure non c’è altra strada. O noi cristiani recuperiamo una nuova radicale LIBERTÀ (=POVERTÀ =SEMPLICITÀ), oppure anche il NATALE non cambia la nostra vita.E non cambia la Storia del Mondo!E allora a che cosa serve? Se non cambia “la vita” di coloro che lo accolgono, cosa serve il Natale di CRISTO?

Solo a poco a poco il Vangelo è entrato nella Storia del Mondo; ma per gli individui che lo hanno accettato veramente il Vangelo è stato una rivoluzione radicale.

Adesso il Mondo è veramente “fuori orbita” perché, noi che abbiamo accettato il Vangelo, non abbiamo accettato e realizzato uno stile di vita radicalmente nuovo! Così siamo tutti nei guai e insoddisfatti!D’altra parte non è facile farsi trasformare dal Vangelo. E’ una proposta che fa paura!A noi preti è chiesto di fare il primo passo; poi avremo la forza di chiederlo agli altri.

E’ incredibile. Don, la pace che mi è venuta dentro dal giorno che ho potuto condividere “così da vicino” (la povertà è qualcosa di inaccessibile ancora!) la vita dei poveri.

Dopo tanti anni che sono Missionario, comincio a vedere la differenza tra “lavorare per i poveri” (come ho fatto per 25 anni) ed essere immerso nella realtà dei poveri; essere amareggiato, angosciato, disperato come loro!

Non ho mai veramente “sofferto” in passato con i poveri come ora. Adesso sto imparando, ma ci vorrà tempo!Anche le strutture in cui sto operando non sono ancora sufficientemente “aperte”, pronte a farsi pieno carico dei drammi dei poveri. C’è ancora un lungo cammino da fare!Ce la farà il Signore a sbloccarci tutti? Lo spero proprio!

Ogni giorno ha la sua lezione che mi mette con le spalle al muro: malati, perseguitati, affamati, disperati.

Stamattina un giovane di 20 anni, rifugiato Ugandese ( ammalato di AIDS) è morto mentre con la mamma preparavano il piano per portarlo a casa. Sognava di riprendere gli studi.Una quarantina di rifugiati ruota attorno alla nostra Comunità: casa, cibo vestito, lavoro, diritti fondamentali per ogni uomo, diventano sogni irrealizzabili per loro.

Ogni giorno è l’incontro con le mamme senza lavoro che devono inventare un modo per sopravvivere con 4 o 6 figli a carico.

Peggio quando sono buttate fuori di casa perché non pagano l’affitto. Nonostante le acrobazie che facciamo non riusciamo ad evitare che tanta gente sta stritolata dalla malvagità del sistema economico. Perché il cuore del male è proprio nel “sistema” economico capitalista selvaggio che ha bisogno di queste enormi riserve di mano d’opera a poco prezzo (e perciò residenti nello slum) permantenere i privilegi della minoranza ricca.

A Nairobi i ricchi sono il 20% e hanno 1’80% della terra e delle ricchezze!Anche se noi diamo da mangiare a 4-5000 bambini e da lavorare ad alcune decine di ragazzi e ragazze il problema non è neppure scalfito. E’ bene continuare a fare tutta la carità che possiamo; ma contemporaneamente dobbiamo preparare la Rivoluzione profonda del sistema economico nostro: a partire dallenostre vite personali familiari -comunitarie!

P.S. La notte è lunghissima. C’è una pioggia benedetta che cade con un’insistenza non abituale. Laverà il fango delle baraccopoli e farà ingrossare il MAIS e i FAGIOLI dei campi vicini. Chissà che un po’ di questa pioggia raggiunga anche la Somalia e lavi tutto il sangue che si è sparso in questi anni di lotta che non finisce mai!).Domani, giovedì, verranno, in gruppo, una ventina di ragazze, quasi tutte ex-prostitute.

Gesù diceva che saranno ai primi posti nel Regno dei cieli; qui a Korogocho stanno dimostrando che possono “bruciare le tappe” e anticipare molti cosiddetti bravi cristiani già fin d’ora.Si aiutano, lavorano insieme, producono collane di perline, tentano di guadagnarsi il pane e il vestito senza ritornare in città a vendersi per 50 scellini. E’ il cammino lento del Vangelo, la Buona Notizia per i poveri; è il segno che la forza del Male non è invincibile!Intanto sulla Collina del MUKURU, un altro miracolo continua a resistere alle incredibili pressioni esterne dell’invidia, della violenza, della cattiveria.

Dal 1° Settembre è entrata in azione una Cooperativa che acquisterà i rifiuti raccolti da centinaia di mamme, bambini, giovanotti che non hanno altra possibilità per sopravvivere.

E’ un segno? Continuerà? Trasformerà veramente la vita di queste persone da sempre “rifiutateda tutti”? Droga, alcool, violenza, emarginazione cederanno il posto a una vita rinnovata?

Nascerà una cultura nuova? A noi è chiesto di annunciare il Signore che viene a trasformare e a liberare il cuore; noi siamo convinti che è proprio tra i più poveri che il CRISTO sarà accolto!La notte di NATALE veglieremo con loro!

Gli “ultimi” agli occhi della società! I primi nel Regno che comincia da ora.Non è facile seminare Speranza e Amore quando l’atmosfera sociale è incandescente. Il Kenya sta vivendo la sua stagione storica più delicata del dopo-indipendenza.

Per la prima volta ci saranno le elezioni con candidati di diversi partiti, per un futuro “democratico”; ma le premesse destano enormi preoccupazioni. C’è una violenza che pervade un po’ tutti gli strati della società; basta un niente per far esplodere conflitti tra i vari gruppi etnici. Chi ha il potere non vuole cederlo, chi non ce l’ha lo vuole prendere ad ogni costo; da mesi il Kenya è in balìa di pesanti scontri etnici che hanno fatto 800 morti e 50.000 rifugiati interni al Paese.La vita è davvero svalutata. Qui a Korogocho sono innumerevoli le vittime a causa di furti: gente massacrata, fatta a pezzi col “machete”, case sfondate, gente derubata al volo per strada. E tutto per pochi scellini. Per chi ha bisogno di soldi, drogati e alcolizzati, la tentazione della violenza ètroppo allettante.

E qui tocchiamo un tasto delicato, che potrebbe preoccupare chi segue da vicino il cammino dellaMissione. E anche il nostro in particolare. Si stanno moltiplicando le situazioni limite, dove “fare missione” implica condividere situazioni ad alto rischio. Dove la vita è lotta per sopravvivere e le vittime non si contano. Dove il sangue si mischia quotidianamente al sudore del lavoro, al fango, ai rifiuti di un ambiente non più umano. Dove si uccide per un pezzo di pane, per un bicchiere di alcool, dove si uccide per vivere, per dimenticare, per vendetta, per esagerazione, per rivolta a tutto un mondo di oppressione.

E’ naturale che, chiunque sceglie di condividere queste situazioni per annunciare “la morte e la Risurrezione di CRISTO” deve accettare con coerenza, con naturalezza, l’ipotesi della Testimonianza- Martirio, della morte per sangue versato, in condivisione fraterna con le mille vittime senza nome e senza storia.

E’ una sensazione indescrivibile che ti mette con le spalle al muro.Siamo qui per amore, per rendere visibile – come dice Alex – il volto dell’Abbà, per dare corpo ad una buona notizia che da due millenni si è manifestata in Gesù di Nazareth e si incarna successivamente in ogni generazione di discepoli. Da un momento all’altro potremmo essere prescelti per incarnare, al prezzo del sangue, l’eterno mistero dell’Amore. E qui siamo spiazzati e tremanti di fronte al mistero grande che sovrasta: un mistero di vita e di morte. Un conto è sentire raccontare la violenza, un conto è sentirsi avvolto, afferrato nel vortice, un conto è entrare nel numero possibile delle vittime.

E’ una sensazione unica che ti lascia esterefatto, stupito e incredulo; senti che la tua vita non è più protetta per il fatto che sei prete; sei a rischio come tutti gli altri.Questa è la vera condivisione con i poveri.Dopo aver curato le ferite altrui, confortato le vittime, provata l’angoscia della violenza sugli altri, adesso sentiamo che potrebbe essere il nostro turno. Da bravo Samaritano a vittima, senza nome e senza gloria, di una violenza gratuita che può esplodere in qualunque momento, in un pomeriggio di acqua e di sole, su una strada diventata, per un attimo, terreno di caccia.

Caro Don, prima che potessi terminare questa lettera, proprio all’alba una mamma è venuta a strapparmi fuori di casa. “Vieni svelto. Padre, il mio bambino sta male!”Le lacrime tradivano l’angoscia e non potevo perdere un secondo. L’ho seguita su piste di fango limaccioso, in silenzio. Sono entrato nella catapecchia… ho visto il bambino avvolto in un povero asciugamano… gli occhi sbarrati… e tutto il corpo segnato dalle convulsioni della malaria… il piccolo volto quasi freddo. Avrà avuto 3-4 anni, “non è ancora battezzato” ha sussurrato la mamma.

Insieme abbiamo pregato con ansia: “No, Padre, non puoi portarti via un bambino così, proprio alla vigilia di Natale… ti prego Signore!” Non mi venivano altre parole. La madre singhiozzava. “Come lo chiamiamo?” “DAVIDE” -Dopo il Battesimo ho fasciato il bambino con cura e l’ho affidato alla mamma.”Va in fretta al Dispensario dalla Suora, perché questa malaria è davvero pericolosa”!

Spero di rivederla stasera, con una buona notizia! CIAO E GRAZE!

Un abbraccio a te e a tutti gli amici di SHALOM!

Padre Gianni

Topics: '91 - '96 Kenya, Lettere Natale | 1 Comment »

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