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Missione di Ango (Zaire), settembre 1987

By admin | settembre 1, 1987

S H A L O M . . . sulle tracce di chi costruisce la P A C E !

Missione di Ango (Zaire), settembre 1987

Carissimi,

il ritmo della vita ha già assorbito l’emozione del ritorno e la nostalgia delle vacanze passate in Italia. La mia gente mi ha accolto con gioia. Mi è piaciuto il modo con il quale mi venivano incontro e mi stringevano la mano. Il modo con il quale mi fissavano a lungo negli occhi; come tra amici che si rivedono dopo tanto tempo.

Però alcuni mi hanno mezzo rimproverato per il lungo periodo passato lontano: «era come ci avessi dimenticati»«Abbiamo pregato tanto, quando abbiamo saputo della malattia… avevamo paura che non tornassi più». Una vecchietta è venuta a portarmi una gallina e un po’ di arachidi: «Pensavo proprio di morire senza rivederti… adesso sono contenta!».

Il lavoro è ripreso con naturalezza.

Alla Missione ho trovato dei cambiamenti importanti. P. Paolo Tabarelli, mio Superiore e Parroco, è stato trasferito a Kinshasa; prima di lasciare Ango ci ha dato una mano ancora un paio di settimane per un Corso di Formazione ai Catechisti; e poi lui se n’è andato portandosi via una grande esperienza pastorale e tecnica, e lasciando sulle mie spalle la responsabilità della Parrocchia e della Comunità. Al suo posto è arrivato un confratello spagnolo, Laureano; giovane d’Africa, ma avanzato negli anni e nella saggezza. Con lui e Abilio, il comboniano portoghese, faremo un buon lavoro.

Ho trovato anche Nicola, il giovane volontario di Cernusco sul Naviglio (MI) che da gennaio lavora ad Ango, esperto ormai a sistemare pozzi e sorgenti. Si sta riprendendo da una brutta avventura; un incidente stradale che è costato la vita al medico africano di Ango, ed il forzato ritorno in Italia all’infermiera Lina, che collaborava con lui all’ospedale. La prova è stata grave per tutti; ma invece di scoraggiare i volontari, questa sofferenza li ha spinti a riprendere con maggiore impegno il servizio interrotto per pochi mesi. La gente è molto contenta di loro. Se tutto va bene a ottobre l’équipe si arricchirà della presenza di Gino, un veterano che ha già passato parecchi anni in Africa.

Un problema risolto?

E da venticinque anni che ad Ango esiste un Ospedale. La struttura muraria solidissima e funzionale ha resistito egregiamente per tutto questo tempo all’incuria degli uomini e alle intemperie del clima. Però mancava l’anima; cioè un personale sensibile e onesto in grado di accogliere e curare bene gli ammalati. Una amministrazione corrotta e incompetente l’aveva pian piano rovinato; e una serie continua di furti l’aveva privato di tutto: biancheria, materassi, gran parte dei letti e strumenti di lavoro. Richiami e consigli da parte nostra e delle Suore erano stati sempre inutili, perché le Autorità stesse erano coinvolte nel pasticcio.

Nonostante la presenza del medico «moderno», la gente preferiva tentare innanzitutto le medicine tradizionali a casa propria e solo come estremo tentativo, a volte troppo tardi, veniva all’ospedale. Per anni le Suore Orsoline Belghe avevano offerto un servizio modello nel reparto Maternità e Pediatria per incoraggiarli: inutilmente.

Paradossalmente la morte del Dottor Farizala, avvenuta il maggio scorso, ha reso possibile oggi il risanamento della situazione; egli era al tempo stesso vittima e responsabile del caos. Due mesi fa, il Commissario di Zona, che è la massima Autorità civile, e il nostro Vescovo, hanno invitato un giovane medico africano della Missione di Bili (120 km. di distanza) a venire a darci una mano per qualche giorno. Forte della sua esperienza e della sua autorità il bravo dottore ha buttato tutto all’aria, smascherando i responsabili di un sistema ingiusto. Poi sostenuto dall’Autorità politica (finalmente abbiamo un Commissario un po’ sensibile) e dalla Chiesa (cioè noi Padri e Suore), il Medico ha creato un nuovo Consiglio di Amministrazione che comprende i rappresentanti della popolazione, degli impiegati dell’Ospedale, della Chiesa, del Partito e dello Stato. Le cose cominciano a funzionare: c’è un po’ di ordine e di lavoro ben fatto; i soldi non svaniscono nel nulla, gli operai che lavorano sono pagati, e le gente viene curata dignitosamente.

Rimane il problema di fondo: siamo senza un medico stabile! Quello di Bili si farà vivo solo di tanto in tanto.
Per ora abbiamo scelto un infermiere-chirurgo (fin’ora emarginato e non pagato) come Direttore Sanitario re sponsabile. In attesa che un medico abbia il coraggio di venire.

Previsioni di lavoro.
Fra pochi giorni riprendono le scuole.
La prima settimana sarà presa soprattutto dai lavori di pulizia e di sistemazione delle strutture: sole, acqua, erbacce e termiti fanno un sacco di danni alle costruzioni che, a causa delle vacanze estive, sono inutilizzate per oltre due mesi. Poi tutto comincerà a funzionare lentamente.

Sono riuscito ad ottenere una discreta partecipazione dei genitori a un piano di riparazione delle strutture più malridotte; mettendo insieme gli sforzi dovremmo farcela. Le Autorità centrali hanno approvato anche il 5° anno di Pedagogia; se tutto va bene l’anno prossimo avremo il Ciclo completo di 6 anni, e i nostri studenti non dovranno più andare lontano per avere un diploma.

Non ci facciamo comunque molte illusioni; i programmi sono lacunosi, gli insegnanti sono poco preparati e inoltre mancano i libri e gli strumenti necessari. Tuttavia penso che, lavorando all’interno di queste strutture pur fragili si potrà pian piano migliorare la situazione. Ci conforta il fatto che alcuni dei nostri giovani cominciano a raggiungere l’Università: pedagogia, scienze, storia e medicina. Tra pochi anni dovrebbero rientrare in zona e migliorare il livello dell’educazione di tutti.

Sono contento in modo particolare per un giovane partito per Kinshasa dove inizierà gli studi di medicina. Gli abbiamo potuto assicurare un sostegno particolare perché una parrocchia, Albosaggia (SO) ha creato a questo scopo una Borsa di Studio. Siamo convinti che il futuro della nostra zona è legato alla formazione dei quadri responsabili nella educazione, nella sanità e nella amministrazione. Purtroppo il problema è complicato dal fatto che la scuola di base non assolve la sua funzione in modo adeguato: troppi bambini sono tagliati fuori dalla educazione elementare. Le distanze, la povertà, l’insensibilità dei parenti, tutto contribuisce a trasformare in un sogno uno dei diritti fondamentali dell’uomo.

Pensiamo quindi di affrontare il problema contemporaneamente in tre direzioni:

a) Innanzitutto vogliamo continuare, al ritmo dell’impegno della gente e con la loro partecipazione, a migliorare le strutture centrali esistenti alla Missione, dove convergono gli studenti per le scuole Medie e Tecniche. Non si tratta solo dei muri e dei tetti; ma anche dei libri, dei banchi e degli strumenti essenziali di lavoro. C’è un vuoto enorme da colmare.

b) Per i ragazzi e ragazze meritevoli di continuare gli studi oltre le medie e in difficoltà finanziarie, vorremmo offrire aiuti tempestivi e specifici: spese di viaggio (verso Kinshasa o Kisangani o Buta), i libri, spese di alloggio nei convitti. In genere le famiglie fanno già qualcosa, si tratterebbe di sostenere i più disagiati e meritevoli, incoraggiandoli con mini borse di studio.

e) Infine, ed è la scelta più impegnativa, vorremmo affrontare il problema di una alfabetizzazione più ampia possibile dei bambini che vivono troppo lontano dalle scuole già funzionanti e approvate dal Governo. Potremo chiedere ai genitori di costruire le scuole (in fango e paglia, naturalmente) e di provvedere al funzionamento normale. A noi resterebbe il compito di trovare i maestri e di pagare loro un salario decente. Sappiamo che è un grosso impegno e che dovrà durare almeno per 5 anni, se vogliamo incidere nel tessuto sociale della zona e far scoprire il valore della educazione e della scuola. Ma siamo anche convinti di non avere altra scelta. Anzi siamo già all’opera.

Mentre vi scrivo gli operai stanno mettendo il tetto per la quinta classe di pedagogia appena approvata. E il direttore ci ha assicurato un insegnante per la Cappella di Bayangala, a 40 km. da Ango, dove i genitori da tempo hanno preparato una scuoletta per oltre trenta ragazzi.

Ecco in due righe il lavoro che ci aspetta.

Con quali mezzi potremo realizzarlo? Provate a pensarci un attimo anche voi, e capirete meglio il significato del foglio speciale che riceverete insieme alla lettera di SHALOM.

Un impegno serio e continuo.

Si tratta di una proposta concreta maturata in dialogo con alcuni amici, gente super-impegnata come tanti di voi in mille affari, ma sensibili a cose belle come queste.
Per chi ha avuto modo di riflettere con noi sulla Missione e ha seguito un po’ da vicino il dibattito sui problemi del Terzo Mondo, della fame e del sottosviluppo, la conclusione più logica è che se vogliamo veramente fare qualcosa di serio dobbiamo mettere nel nostro impegno uno stile diverso, una fantasia e una tenacia che superi di gran lunga le abitudini del passato. Francobolli usati, carta
straccia, vestiti smessi o giù di moda, avanzi e rifiuti di ogni genere non sono il modo giusto di aiutare il Terzo Mondo, anche se tali «operazioni» servono talvolta come provocazione e avvio di un dialogo.

Ma noi non possiamo fermarci a questi livelli.

L’Africa e il Terzo Mondo hanno bisogno innanzitutto di persone; più sono in gamba e preparate meglio è. Pronte a condividere la vita; a spenderla senza pretese, con gente che farà anche fatica a capire la portata di un simile dono. E poi per quanto riguarda gli aiuti è meglio passare a una politica più seria: non lasciare cadere qualche briciola ogni tanto, ma spartire il pane abbondante che è sulla tavola; la cultura, la scuola, la libertà, i diritti fondamentali e le conquiste più belle che noi abbiamo fatto in secoli di cammino.

L’aiuto occasionale che si dà a Natale o in Quaresima ai Missionari che capitano nelle Parrocchie va benissimo. Diciamo che è il modo abituale per coinvolgere la massa «anonima», che risponde solo se provocata direttamente da avvenimenti e testimonianze eccezionali.

Per noi si tratta di qualcosa di diverso.
Gli amici di SHALOM sono gente che vuole fare entrare il proprio impegno nel cuore della vita di ogni giorno. Proprio perché la Missione non è un fatto straordinario, ma quotidiano.

La Missione, come la viviamo noi qui a Ango, è una presenza che ci impegna ogni giorno su parecchi fronti contemporaneamente.
E’ innanzitutto servizio di animazione e formazione di oltre un centinaio di piccole Comunità Cristiane, disperse su un territorio enorme. Si tratta del classico lavoro del Sacerdote: annunciare il Vangelo di Gesù Salvatore a gente povera, emarginata e perciò dimenticata dai potenti, lontana dai servizi essenziali che una Società può offrire. In queste comunità ci sono bambini che dovrebbero studiare, malati che andrebbero curati, giovani che potrebbero crescere in saggezza e cultura a servizio della Comunità e del Paese.

Ecco allora che l’annuncio del Vangelo acquista quella dimensione molto impegnativa già indicata dal Profeta Isaia e messa tale e quale sulla bocca di Gesù: «Lo Spirito del Signore mi ha mandato ad annunciare la Buona Novella ai poveri, la libertà ai prigionieri, la salute ai malati, la luce ai ciechi, la liberazione agli oppressi, la sapienza agli ignoranti», ecc., ecc.!

Ecco la nostra missione: tradurre in gesti concreti queste parole profetiche; svegliare un popolo dal suo isolamento e torpore, aiutarlo a scoprire la sua vocazione alla libertà e alla dignità nel contesto di un’Africa che cresce e di un mondo moderno dove ogni popolo cerca uno spazio vitale. Come vedete un impegno immenso, che si traduce poi in mille scelte quotidiane di sostegno, di aiuto materiale e morale: formazione dei responsabili delle Comunità, costruzioni di cappelle, animazione delle scuole, aiuti agli studenti, ai poveri. Per fare questo lavoro noi siamo disposti a spendere la vita con gioia.
Chiediamo solo di poterlo fare nel modo migliore possibile; con un po’ di serenità; chiediamo quei mezzi essenziali per poter attaccare alle radici certi mali che bloccano letteralmente la crescita del nostro popolo: soprattutto l’ignoranza e l’isolamento culturale, la mancanza di stimoli per migliorare la propria esistenza, per eliminare le malattie più fastidiose. Un aiuto regolare di un gruppo di amici come voi ci può permettere di organizzare i nostri interventi in modo più razionale ed efficace. Ecco il senso della proposta Shalom.

Condividere regolarmente parte del tuo denaro, vuoi dire condividere la tua fatica, la tua energia, la tua intelligenza, il meglio di te stesso. Può voler dire rinunciare a qualcosa che farebbe più bella la tua persona, la tua casa, più grande la tua gioia. È vero! Può costare. Anzi, che valore avrebbe un dono che non esigesse in qualche modo una rinuncia? Cristo ha fatto una cosa simpatica quando ha convinto un ragazzo a tirar fuori dalla sua saccoccia un po’ di pane e due pesci. Il miracolo, un mare di gente sfamata con due pani offerti con amore, era legato a questa sua disponibilità.

Anche la proposta di SHALOM è un po’ su questo stile.
Pensateci!

vostro p. Gianni

Topics: '82 - '90 Congo | No Comments »

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