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Zaire, luglio 1985

By admin | luglio 1, 1985

S H A L O M ….. sui sentieri di chi costruisce la  P A C E !

Zaire, luglio 1985

Carissimi,

un giorno i discepoli di Giovanni il Battezzatore andarono da Gesù per chiarire un po’ le cose. Erano in crisi da matti; avevano bisogno di capire cosa stesse succedendo attorno a loro. Gesù, il nuovo profeta, stava conquistando tanti discepoli e affascinava le folle con il suo messaggio pieno di suggestione e di autorità. Sembrava proprio un vero inviato di Dio.

«Sei tu il Messia che aspettiamo? Diccelo chiaro …noi siamo discepoli di Giovanni, il tuo amico! Cosa dobbiamo fare?».

I loro dubbi erano giustificati. Giovanni stava in carcere, e da un giorno all’altro poteva essere eliminato; il giro dei discepoli si era ridotto al minimo, da quando aveva proclamato pubblicamente: «Dopo di me verrà un altro che vi battezzerà con il fuoco. E’ lui il Messia, seguitelo!».

Gesù non si scompose. Piano piano li invitò a riflettere, ad aprire gli occhi e il cuore alla nuova realtà che stava nascendo attorno a loro: «I ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati … i poveri riprendono coraggio, cominciano a sperare nella salvezza. Vedete? Il Regno di Dio sta mettendo le radici in mezzo a voi. E’ venuto il tempo di impegnarsi tutti… c’è un mare di gente che aspetta, ci sono occhi da aprire, cuori da rinnovare, ferite da curare; c’è in giro una gran fame di giustizia che va saziata».

Giovanni era un profeta autentico e Gesù non voleva soffiargli i discepoli; però voleva prepararli ad una scelta più radicale quando lui fosse partito. Voleva invitarli a uscire da un giro di stile familiare dove si erano installati e in fondo si trovavano bene. Erano «giusti” secondo la Torah, fedeli alla Legge e al Tempio, generosi in ogni osservanza. Però con orizzonti abbastanza limitati. La loro comunità, senz’altro buona, era tuttavia piccola e ristretta;  bisognava essere  pronti  ad aprirsi  ad  un  mondo più vasto. Gesù era alla ricerca di collaboratori e di amici.
Aveva cominciato il suo lavoro, ma non era compreso nè dai preti nè dai fedeli della Chiesa di quel tempo, né, tantomeno, dai Capi del popolo.
Lo ammiravano per i miracoli che faceva, ma lo guardavano con un certo sospetto; in fondo tutti erano d’accordo nel dire che era un po’ esagerato.

  «Ma come si fa – mormorava la gente – come si fa a seguire le sue proposte? Quello ti rovina le famiglie. Ti  porta via i figli quando sono proprio sul  momento di darti una mano … dopo tutto quello che si è fatto per loro! Separa i fidanzati sul punto di sposarsi. Rovina perfino le aziende familiari; hai visto Pietro e Andrea? Hanno lasciato il loro padre a tirare le reti da solo. No ! Così è troppo! Non rispetta neppure i vecchi genitori, dice che i morti devono seppellire i loro morti…
Mai sentito roba del genere. Dove andremo a finire?».

*      *      *

Penso che oggi siamo più o meno come ai tempi di Gesù.
Con la differenza che il numero dei profeti che attirano discepoli è aumentato a dismisura; e, purtroppo, non sono tutti della razza di Giovanni. C’è in giro un sacco di furbi che mascherano i loro interessi dietro raffinate manovre intellettuali, politiche e culturali.

E la gente li segue, dapprima incuriosita, poi magari  affascinata  da tante  proposte  che  vorrebbero  trasformare il mondo. Purtroppo la delusione e il vuoto succedono spesso all’euforia iniziale.

I profeti moderni promettono troppo e in cambio domandano poco; sono troppo accomodanti. Questo è uno sbaglio. Per trasformare il mondo e l’esistenza c’è da pagare un prezzo unico, assoluto: la propria vita. Chi mai è pronto a questo? E chi ha il diritto e il coraggio di chiederla, se poi non ha il potere di restituirla in pienezza?
    Gesù, il Profeta di Nazareth, ha questo coraggio!
Perciò ha così pochi discepoli.

*      *      *
Ho qualche buona notizia da darvi, soprattutto agli amici distanti da Sondrio, che non hanno ascoltato direttamente i protagonisti.

La prima riguarda il RAID velocissimo ma efficace di  due  medici  che  sono  venuti  in  mezzo  a  noi  durante il mese di marzo scorso: Edoardo Maselli, un oculista dalle mani d’oro e Pietro Zanchi, un dottore ormai  innamorato del Terzo Mondo.

La loro visita era stata preparata da un’inchiesta che aveva suscitato tanta speranza in centinaia di persone ammalate negli occhi da tempo. Molti sognavano di riacquistare la vista; ma tanti volevano soprattutto una parola chiara sulla loro situazione, e, possibilmente un rimedio sicuro per fermare un male insidioso.

Non sono stati delusi.

Dieci giorni di fila a visitare, curare, operare; centinaia di persone accostate con amicizia e attenzione … un vero «safari» medico a un ritmo intenso che ha messo a
dura prova non solo Edoardo e Pietro, ma anche le Suore e gli infermieri locali che li hanno assistiti.

Il  dono tangibile che hanno lasciato fra noi è quella trentina di persone che hanno recuperato la vista; ed è anche il miglior commento alle famose parole di Gesù: «I  ciechi  vedono …  i  malati  sono guariti …  ai  poveri  è annunciata una salvezza ormai vicina».

E’ chiaro. Se si guarda ai bisogni della gente si potrebbe dire che la visita dei medici è stata troppo veloce. Ma penso che al di là dei numeri e delle statistiche rimane il fatto positivo: c’è una pista ormai tracciata che altri possono seguire, migliorando quanto è possibile e apportando esperienze nuove. Infatti in quest’Africa in fase di sviluppo non c’è bisogno soltanto di medici; non ci sono soltanto occhi e piaghe da curare; ci sono pure intelligenze da illuminare, e coscienze da scuotere. Ci sono orizzonti nuovi da proporre, e ci sono anche grosse esperienze umane da scoprire; non c’è solo da dare, ma anche da ricevere, da accogliere con umiltà. Cosa non sempre facile per chi ha poco tempo a disposizione.

Per scambiarsi dei doni bisogna poter vivere assieme un po’ a lungo; cosa che i Volontari sono disposti a fare con noi.

      Anche questa è una buona notizia.

A distanza di un anno sono tornati a Ango due giovani volontari dello SVI (Servizio Volontario Internazionale), un Organismo di Brescia che invia dei Laici qualificati  nel  Terzo  Mondo  per  realizzare  progetti  di  sviluppo.

Già l’anno scorso si erano identificati assieme alcuni possibili  impegni prioritari:  le strade, lo sviluppo agricolo e le cooperative, la Sanità e le scuole. Con la visita attuale si pensava di redigere i vari contratti e decidere dove e quando incominciare i lavori. Invece le cose si sono un po’ complicate e bisognerà affrontare il futuro con calma e pazienza. C’è da ritessere i legami di fiducia
con le autorità locali molto risentite per alcune osservazioni critiche fatte nei  loro riguardi. C’è da stabilire un rapporto di confidenza e di collaborazione con tanta gente che è abituata ad amministrare in malo modo e senza rendere conto a nessuno di quello che fa.

Se dei Volontari vengono a lavorare in Africa, non è per essere degli Ispettori, ma dei  collaboratori, vengono  per condividere un comune impegno di progresso, dove lo scambio di esperienze è reciproco.

Gino e Enzo hanno osservato ogni cosa e ascoltato tanta gente;  adesso faranno un rapporto dettagliato ai loro responsabili e probabilmente fra pochi mesi il progetto potrà avviarsi.
Speriamo proprio. I problemi ci sono, è vero, numerosi e gravi; ma anche le possibilità di  risolverli  non  mancano. Soprattutto nel  settore scolastico dove stiamo intravedendo una possibilità di ripresa.

Diciamo che nel settore dell’educazione siamo ad una svolta delicata. E’ stato scelto un nuovo responsabile di Zona, un Consigliere pedagogico che dovrebbe ridare slancio alle scuole elementari e secondarie sparsi sul nostro territorio. Sappiamo che ha esperienza e buona volontà; ma lo attende un lavoro enorme: strutture in condizioni miserevoli, personale che ha perso il gusto per l’insegnamento e, soprattutto, centinaia di chilometri da percorrere per visitare le varie scuole.

Con il nuovo responsabile sono arrivate anche due proposte impegnative: a partire da quest’anno si potrebbero aggiungere progressivamente delle classi per completare i cicli formativi dei due Istituti Medi Superiori presenti ad Ango. Si tratta dell’Istituto Bosembo, scuola di Pedagogia ferma al Terzo anno sui possibili sei; e del Liceo Bosembo, una scuola per le ragazze, di orientamento pratico sociale-familiare, bloccata  al  secondo anno sui possibili quattro.

Tutto è incompleto perché mancano i locali, e le attrezzature, mentre è scarso anche l’interesse dei genitori  e  degli  insegnanti.  Gli  studenti  che  raggiungono  le classi finali si trovano di fronte al dilemma: o tornare semplicemente a casa, senza diploma e a formazione interrotta, oppure affrontare distanze enormi e spese assai forti per completare gli studi nelle città più vicine (si fa per dire, distano infatti centinaia di silometri): Isiro, Buta e Bondo.

  «Trovate i locali, i banchi, i libri … i candidati, e noi vi mandiamo gli Insegnanti» ci ha detto il Coordinatore Diocesano.

La proposta era invitante, ma molto impegnativa …
Le scuole stanno per chiudere in questi giorni e riapriranno i battenti in settembre; come si fa in due mesi a inventare tutte queste cose che non esistono? Abbiamo fra le mani soltanto dei ruderi di alcune costruzioni abbandonate da tempo… e la promessa del Comune di una «manciata di mattoni: 6.000 per l’esattezza.

Non è stato facile decidere.
Siamo invischiati da tempo in un circolo vizioso: i genitori  non  sono ancora convinti dell’importanza  della scuola, quindi poco disponibili a sostenere le spese necessarie. Lo Stato, primo responsabile del sistema educativo non muove un dito per riparare quanto pure già  esiste, e scarica sulla popolazione  l’impegno per risolvere i problemi di ogni genere. E’ comprensibile che la
gente stenti a seguire una politica del genere. Ma se le scuole non sono accoglienti e funzionali è ingiusto pretendere che i ragazzi si appassionino… Comunque abbiamo preso il coraggio a due mani e abbiamo fatto un po’ di calcoli.

Solo per rendere agibile il Liceo delle Ragazze, attualmente accampate in locali di fortuna, ci vorrebbero dieci milioni di lire: si tratta di alzare alcuni muri, aprire porte e finestre, preparare i banchi. Per voi d’Europa è una cifra modestissima; per noi è enorme. Pensate che per riparare un’altra scuola, due anni or sono, quando c’era il papà Aldo a seguire i lavori, la gente ha dato solo 150.000 lire.  Troppo  poco.  Non  è  ancora  abbastanza  motivata  e convinta.
Il futuro dei ragazzi non li preoccupa ancora a sufficienza.
D’altra parte non. possiamo noi, da soli, mettere in piedi delle scuole se la gente e i capi non fanno la loro parte.

Non è giusto. Tuttavia anche i ragazzi hanno i loro diritti;  se non rendiamo un po’ belle  le scuole che abbiamo, rischiamo di perdere troppi studenti per strada.

Perciò abbiamo deciso di accettare la sfida: a settembre la scuola delle ragazze avrà una classe in più. Se è necessario invece del cemento useremo il fango, (vi rendete conto che a Ango un sacco di cemento costa 35.000 lire?) i banchi li impresteremo; i libri li scoveremo da qualche parte.

Ai genitori e ai maestri l’ho detto chiaro: «Dobbiamo proprio mettercela tutta. Se noi qui sul posto facciamo quello che possiamo, altri amici ci daranno una mano».

Per quest’anno non si può fare altro. Ma l’anno prossimo l’impegno sarà molto più grande. Bisognerà sbloccare anche la scuola di Pedagogia e per tre anni successivi aggiungere una classe fino a completare il Ciclo educativo.

A pensarci bene mi vengono i brividi. So di avventurarmi in un cammino lungo e difficile, con gente che potrebbe non farcela a seguirti fino in fondo. Ma penso che non esistano altre soluzioni: la nostra Zona è condannata in tutti  i sensi se non diamo ai  giovani  una  strada per educarsi e aprirsi alla vita.

*      *      *

Durante il mese di giugno di quest’anno ho ricordato due date importanti per me: 45 anni di vita e 20 anni di Sacerdozio.
Due grandi motivi per dire grazie al Signore e a tutti voi con i quali da anni condivido in amicizia questa ricerca di servire il Signore a aiutare gli uomini a incontrarsi con Lui.

Un grazie potente per aver messo nelle mie mani gli strumenti per lavorare (e il cibo per la vita, e il carburante per viaggiare); un grazie fraterno per aver sostenuto con la vostra preghiera la fatica, a volte assai grande, di continuare su questa strada.

Forza anche a voi. Shalom.

P.Gianni

Topics: '82 - '90 Congo | No Comments »

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