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Bujumbura (Burundi), Aprile 1969

By admin | aprile 1, 1969

G.A.M. ‘12 UN IMPEGNO EFFICACE AL SERVIZIO DELLA VITA

Bujumbura (Burundi), aprile 1969

Carissimi amici,

sono di nuovo in città dopo due belle settimane passate nell’interno alla missione di Mabayi, dove mi sono rinfrescato polmoni e cervello.
E’ stato un primo contatto con l’ambiente dove sarò chiamato a lavorare. Sono contento.

Anzitutto ho scoperto che nonostante le mia testa piena di parole, sono ancora ben lontano dal farmi capire dalla gente. Quando tentavo di dire qualcosa la lingua mi si impappinava e non c’era verso di far uscire una frase completa. Per lo sforzo stringevo i pugni e chiudevo gli occhi, ma niente da fare! Solo dopo molti gesti e tanta fantasia riuscivamo ad intenderci. Ora mi spiego perché di tutti gli Europei che sono qui nel Paese solo i Missionari si impegnano a studiare il Kirundi. Chi viene per lavoro e affari preferisce il “Kiswahili”, una lingua praticamente più accessibile che ha già fatto fortuna in molti Stati africani.

Ma per me non c’è via di scampo. Vuol dire che bisognerà sudare e pazientare a lungo. E va bene.
* * *
Sono stato nella foresta, quella che i libri di Geografia chiamano la foresta vergine equatoriale.
Vi assicuro che quanto di solito vedete nei fìlms o sentite descrivere dagli esploratori si avvicina appena alla realtà di uno spettacolo così grande e affascinante.

Da notare che non si tratta dei famosi Parchi Nazionali africani dove tutto si può godere stando tranquillamente seduti in automobile e gli animali vi fanno gli onori di casa. E’ qualcosa di più genuino che bisogna conquistare sportivamente con lunghe marce a piedi; è quanto rimane di una natura splendida demolita pian piano dall’avanzata dell’uomo.

La foresta del Burundi è poco estesa: si è salvata sulle creste delle catene montuose verso i duemila metri. La popolazione ha già occupato quasi tutto il territorio fertile, e, lo sappiamo, nella lotta per la vita, ciò che non produce frutto perde molto valore agli occhi di chi ha fame.

Ero con P. Antonio, mio compagno di studi ormai veterano del Burundi, e due guide indigene.

Avanzavamo lenti sulla pista appena tracciata nel sottobosco; montagne di verde, alberi enormi e altissimi che hanno avuto tanti secoli per crescere con calma. Liane e fiori, erbe e cespugli di ogni colore, tutto così bello che dopo grosse esclamazioni di meraviglia preferisci godere ogni cosa in
silenzio.

Ogni tanto una radura, un po’ di luce, uno squarcio nella vegetazione: resti lì incantato. Solo gli uccelli si fanno sentire su in alto, vicino al sole; di altre bestie nemmeno l’ombra, perché preferiscono girare di notte.

Era così bello che volevamo starci una settimana… ma purtroppo quel giorno un pauroso temporale ci ha fatti filare svelti alla base.

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Nella notte di Pasqua mi è riuscito il colpo più bello della mia vita di Prete: 102 battesimi!
Badate bene, non bambini con la bocca ancora profumata di latte, ma uomini, giovanotti, mamme e signorine, una massa di adulti arrivata a quel passo importante dopo quattro anni di preparazione davvero impegnativa.

Nella grande chiesa di Mabayi, illuminata dalla luce nuova di Pasqua i catecumeni tenevano il posto di onore e dietro a ciascuno di essi il padrino. Gli altri cristiani si assiepavano nelle navate laterali e in fondo, sulle porte, fino a riversarsi nel piazzale. Tra poco, insieme al Signore risorto, tutta quella massa sarebbe stata la vera protagonista della solenne liturgia.

Noi tre padri abbiamo lavorato a lungo e con solennità. Non vi nascondo che all’inizio la mano
mi tremava per l’emozione; di colpo vedevo realizzato nei gesti che compivo, l’impegno e la fedelt�
ad una vocazione che 20 anni prima mi aveva fatto uscire di casa con il desiderio di fare qualcosa
di bello.

Non mi pareva vero di incominciare così il mio apostolato africano. Man mano che avanzavo tra
le file dei battezzandi la mia mano si faceva più sicura e l’acqua scendeva abbondante sulle teste
lucide, sui volti e sulle spalle … vuotavo una dopo l’altra le ampolline che un chierichetto mi portava
svelto, facendo la spola tra me e il fonte battesimale.
Quando poi si è detto forte: “Ricevete la veste candida…” invece di un pallido simbolo, come
da noi in Europa, ho visto uno spettacolo molto bello: tutti i neo-battezzati, aiutati dai loro padrini, si sono infilati sui loro poveri abiti di ogni giorno un gran pezzo di stoffa bianca, come una piccola toga.

La Chiesa di colpo ci è parsa trasformata, come riempita di luce più viva.

E’ impossibile che il vestito resti candido a lungo…simbolicamente il Vangelo indica addirittura il giorno del giudizio finale! Ma per la maggior parte di quei contadini la tunica del Battesimo resterà a lungo il più rispettato, quello dei giorni di festa e di mercato.
Poi pian piano prenderà il colore della loro terra e della loro pelle: allora sarà tempo di trovarne un altro.
* * *
Sono rimasto qualche giorno alla missione visitando un po’ i dintorni. Dappertutto le stesse
scene: gente che ti circonda timidamente, che ti fa intorno un cerchio di occhi vivi e scrutatori, attenti ad ogni tua mossa, timidi e nello stesso tempo fiduciosi. Basta un gesto brusco per spaventarli; un passo non attento per calpestare un piede di bambino che ti si è accollato di fianco.. . sono momenti che ti prendono di sorpresa e che vivi senza quasi renderti conto del loro sapore evangelico: i poveri che attendono pane e parole di vita!

E’ da centinaia di anni che aspettano forse inconsapevolmente.

Ormai nel loro carattere si è impressa una certa rassegnata indolenza. Se la terra offre senza
troppo sforzo il minimo per vivere, perché preoccuparsi tanto? Se lo domandano di certo. Ma è
proprio a questo punto che incomincia il nostro lavoro missionario: aiutarli a scoprire la dimensione
nuova che la Rivelazione del Signore ha messo nella nostra povera esistenza umana, non solo spirituale ma anche materiale.
* * *
Nella gioia di Pasqua vi ho ricordati tutti e spero che il vostro incontro con il Signore sia stato
carico di grazia per le vostre famiglie.

Vi saluto cordialmente. Forza GAM! Ciao a tutti. P. Gianni

Topics: '68 - '73 Burundi, Lettere Pasqua | No Comments »

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