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OTTOBRE 2008 – Diario di Missione

By admin | ottobre 31, 2008

Malpensa, 14 ottobre 2008

Rientro in Africa

Dopo 12 anni di servizio missionario in Italia, ritorno nell’ Africa che avevo lasciato nel 1996 dopo l’esperienza dura ed esaltante di Korogocho!
Non potevo rimandare più a lungo questo “ritorno a casa”, così naturale per un figlio di Daniele Comboni.
L’Africa ha bisogno di amici, di compagni di cammino disposti a condividere la ricerca paziente di strade nuove per la sua autopromozione. Meglio ancora se questi amici sono già conosciuti per un precedente servizio missionario come nel caso mio. “Ti aspettiamo a braccia aperte!” – mi ha scritto un confratello africano, non appena ha saputo della mia destinazione nella sua Comunità, dove condivideremo la vita e la missione.
ancora in volo… 15 ottobre 2008
…la gioia di un’alba africana si rinnova dopo tanti anni…la sensazione di cominciare un periodo nuovo e importante della vita mi provoca un’emozione profonda.

Nairobi  16 ottobre 2008
Intensa giornata con i Medici dell’Associazione METIS di Milano. Stiamo tentando di promuovere la pittrice keniana TABITHA WATHUKU nell’ambito del circuito artistico Italiano.
Si tratta di una sfida enorme per la grande distanza tra i canoni estetici europei ( con secoli e secoli di espressioni straordinarie), le leggi inesorabili del mercato e il desiderio degli artisti africani di vedere apprezzata la loro creatività multiforme e geniale anche oltre i confini dei loro paesi.
Dopo il tramonto, la prima pioggia della nuova stagione ha benedetto le fertili colline che circondano Nairobi.
Dall’Italia, appena dopo due giorni di distacco, arrivano già  notizie di amici che chiudono la loro esistenza terrena. Così il mio ricordo si trasforma subito in preghiera di intercessione per loro.

17 ottobre 2008

Splendida e positiva giornata di lavoro e di visite. Abbiamo formalizzato l’accordo con la pittrice Tabitha Wathuku per una possibile esposizione dei suoi dipinti in Italia. Siamo ben consapevoli del rischio che corriamo! Potrebbe essere tutto un progetto inutile, un’ illusione senza futuro; ma potrebbe anche rivelarsi per lei una bella occasione per affermare le sue qualità di artista. Preferiamo investire sulla fiducia; un po’ come ha fatto il nostro grande Daniele Comboni, che ai tempi dell’ “assalto coloniale ad un Continente ancora sconosciuto” sognava di “Salvare l’Africa con l’Africa” creando Università e promovendo i suoi figli migliori.

 Nairobi – 20 0ttobre 2008
Festa Nazionale in memoria di Yomo Kenyatta, il padre della Patria e simbolo di coloro che hanno lottato per la libertà del paese. Come tutta l’Africa anche il Kenya ha ottenuto la libertà dai coloni (inglesi nel caso specifico) a prezzo di grande sofferenza, violenza e sangue. Purtroppo gli strascichi di questa violenza persistono ancora oggi. Non si tratta più di violenza tra africani e bianchi stranieri; ma tra fratelli di una stessa Nazione: Kikuyu, Luo, Kamba, Kalenjin, e altri gruppi minori, che non hanno accettato i risultati delle elezioni politiche generale del dicembre 2007. Si aspettava un cambio radicale ai più alti livelli della politica, ma i risultati delle elezioni sono stati contestati con grande rabbia in molte zone del paese. Gli scontri tra i vari gruppi razziali, fomentati da atteggiamenti di intransigenza durissima da parte dei maggiori leaders politici, Kibaki (il presidente uscente kikuyu) e Odinga (il maggiore candidato dell’opposizione, di etnia Luo)  hanno assunto una dimensione di violenza enorme, con migliaia di vittime innocenti  Proprio oggi su tutti i giornali cominciano ad essere pubblicati i rapporti sui fatti di violenza avvenuti all’inizio di quest’anno 2008. La sensazione amara che traspare dal Rapporto della Commissione inquirente, che ha lavorato per oltre dieci mesi,  è che gli stessi politici più in vista siano implicati direttamente nella gestione della violenza. Allora una eventuale pubblicazione integrale dei nomi dei responsabili e delle raccomandazioni della Commissione potrebbe far saltare il delicato equilibrio politico che si è realizzato in Kenya i questi mesi con la spartizione del potere tra Kikuyu e Luo. Il rischio molto concreto è che per evitare un’altra esplosione di violenza si ricorra ad un’ amnistia generale, che evita di affrontare le responsabilità. Con il risultato che prima o poi le profonde tensioni etniche potrebbero riesplodere con violenza.

 Korogocho.
Con gli amici medici di Milano (Metis) abbiamo visitato la Comunità di Korogocho. Splendida come da tradizione, l’accoglienza festosa della gente che ci ha avvolti con la sua semplicità sia nella celebrazione della Messa, sia negli incontri nel quartiere.
La gente, soprattutto i poveri, non dimenticano chi ha vissuto per tanto tempo con loro. Percorrendo i vicoli polverosi della baraccopoli, incontrando il sorriso cordiale di tante persone, vedendo ragazzi fatti grandi e forti, incoraggiati da tante forme di sostegno che sono offerte loro dalla Comunità, mi convince ancora di più della bontà della scelta fatta a suo tempo. Fare Missione “immersi tra la gente” è il metodo giusto. Proprio come ha fatto Lui; quel Gesù di Nazareth che noi cerchiamo di seguire e di annunciare agli uomini.

    Amici e ricerca.
Mi sto rendendo conto quanto sia lungo e faticoso il cammino di chi ricerca la Verità!
In particolare per chi tenta di farlo solo con le sue proprie forze. Purtroppo si tratta della maggioranza della gente. Ognuno cerca di farsi la sua strada e al tempo stesso di fissarsi gli obiettivi che ritiene giusti. Con il risultato di sforzi enormi per arrivare a delusioni profonde. Non è in discussione la sincerità e la buona volontà delle persone; è il metodo di ricerca che non è adeguato e non funziona. Manca generalmente il senso dei propri limiti, manca l’umiltà, fondamentale in ogni cammino di ricerca della Verità; manca la disponibilità ad ascoltare, a farsi accompagnare e a farsi illuminare proprio da Colui che non desidera altro che farsi “trovare”!
Colui che ha detto: “sto alla porta e busso…se chi sta dentro mi apre, io entrerò e faremo festa insieme”! La prima tappa di una vera ricerca della Verità è la disponibilità sincera ad accoglierla qualora Essa si presenti all’incontro. Manca spesso il coraggio umile e sincero di alzare gli occhi, aprire il cuore e allungare una mano a quel Gesù di Nazareth che si è proclamato VIA e VERITA’! E si è messo nelle mani dell’Uomo, disposto a farsi “pane spezzato” perché tutti abbiano vita piena in lui.

24 ottobre 2008

…da Nairobi una partenza rapida e mattutina verso Kinshasa. Il Servizio di Kenya-Airways è ottimo. Sembra che la Compagnia non subisca gli effetti della crisi interna del paese. Il suo slogan di propaganda: “The Pride of Africa” ( la fierezza dell’Africa) sembra resistere anche dopo 45 anni di indipendenza; sostenuta da interessanti alleanze internazionali, la compagnia acquista forza e allarga il raggio delle sue rotte internazionali. In affetti, nonostante le crisi politiche e le tensioni interne il Kenya rappresenta sempre un forte richiamo turistico.
Tre ore di viaggio perfetto e siamo a Kinshasa. Sole alto, sono le ore 9,45  del mattino e già il caldo è umido e pesante.
Che differenza enorme con l’atmosfera fresca, moderna e vivace di Nairobi.
Mi pare di piombare in una realtà carica di una storia lontana, di una memoria dolorosa che non riesce a passare.
Le strutture dell’aeroporto sono ancora quelle degli anni 50-60…dalle costruzioni stile coloniale, al manto di cemento delle piste corroso dagli anni. Come se la Storia sia passata senza sfiorare il Congo.
Alcuni aerei presenti nell’area di parcheggio in ordine sparso, sembrano tristi, vecchi e abbandonati.  Nessun velivolo di una compagnia Congolese; imponente invece quello delle Nazioni Unite (la Monuc) impegnate nell’Est del Paese. Si dice per mantenere gli accordi di Pace.
In compenso il “personale generico”, in divisa paramilitare, appare in numero imponente. Non fanno praticamente altro che “guardare” i viaggiatori in arrivo e delimitare passivamente gli spazi del loro movimento verso gli uffici amministrativi. Sembrano tanti “vigilantes” di una anonima compagnia di sicurezza. Alcuni portano dei “gradi” sulle divise un po’ più curate. Due poveri cani “antidroga” (?) accucciati presso i loro istruttori hanno un’aria depressa e sfruttano l’ombra delle loro guide per ripararsi dal solo cocente.

Appena scesi dall’aereo, ancora prima di entrare nella sala di attesa, guardati a vista da questo numero sproporzionato di agenti di sicurezza, siamo sottoposti ad un primo controllo mentre siamo ancora sulle scale di ingresso. Che strano!  Manca la tipica gioiosa sensazione di benvenuti che si coglie anche nei più poveri aeroporti del mondo. Manca anche lo sforzo di comprendere il disagio di chi arriva per la prima volta e non sa neppure esprimersi bene in francese; come è capitato ad un paio di tecnici giapponesi che hanno fatto innervosire i controllori e sono stati duramente scartati dalla fila di attesa… “Attendez-là”!
Sembra di respirare una attitudine di arroganza e di incompetenza  che risale ai lunghi anni di dittatura Mobutista. La stessa amara sensazione che avevo provato nel lontano 1982 arrivando in Zaire per il mio primo servizio missionario.
Superato quel primo “blocco di controllo”, l’impressione di ritornare agli anni sessanta è confermata dal ritmo di gestione dell’accoglienza e verifica dei documenti. Il grande Congo accoglie il Mondo in un aeroporto che assomiglia piuttosto ad una piccola stazione ferroviaria di una città del Sud Italia che accoglie i suoi “emigranti di ritorno”!
A Kinshasa non c’è neppure la gioiosa  e simpatica confusione tipica delle stazioni di autobus dei villaggi africani…Il Mondo e l’Africa hanno camminato assai…sembra che il Congo sia rimasto intrappolato e bloccato in un sistema vecchio e superato.
Un segno che conferma questa situazione assurda: sulla facciata interna dell’aeroporto è appeso ancora un grande e malconcio ritratto del Presidente Kabila Laurent Dèsirè, assassinato nel 2001, padre dell’attuale Presidente Joseph Kabila. A poca distanza , nuovo fiammante, un enorme pannello pubblicitario di Vodacom, quattro volte più grande.
Osservo e comincio ad accumulare sensazioni e dettagli di una realtà che mi sta accogliendo con questi limiti e contraddizioni. Ma sono sereno. Il Congo, per alcuni anni, sarà il campo dove mi toccherà lavorare e sudare con amore, insieme alla gente che per tanti anni ha visto i suo sogni e le sue speranze bruciate, la sua fatica il suo sudore mille volte distrutti dalla incompetenza e dall’arroganza di politici corrotti e  senza scrupoli.
Sarà dura; ma questa è la mia Missione. E va bene così.  Questi sono i “poveri” ai quali va annunciata una buona notizia di liberazione e di risurrezione.
Tanti anni fa Daniele Comboni, sulle orme di Gesù di Nazareth, li aveva già scelti come i primi destinatari del Vangelo, come i suoi prediletti. E oggi ci invita a fare altrettanto.
Senza paura e senza pregiudizi.
Per questo sono venuto. Eccomi, Congo!

Kinshasa – 29 ottobre 2008
Il Congo, orgogliosamente autoproclamatosi Repubblica Democratica da alcuni anni, non decolla ancora.
Ecco quello che mi capita di vedere ogni giorno che esco sulle strade della città:
–    un mare di gente che corre alla ricerca del necessario per sopravvivere…come un fiume in piena su alcune arterie principali.
–     Kinshasa non è ancora riuscita ad assumere consapevolmente il suo ruolo di capitale di uno stato ricco e grande come il Congo. Non ha ancora trovato amministratori competenti e coraggiosi. Ognuno lotta per sopravvivere con tutti i mezzi che riesce a trovare.
–    Un traffico enorme e caotico, su strade che da decenni non rinnovano l’asfalto e hanno visto moltiplicarsi per mille il numero delle vetture, delle moto, dei camions, delle biciclette…è una sfida per chiunque si azzarda a mettersi in viaggio. A parte le lussuose auto di rappresentanza diplomatica o delle grosse compagnie commerciali, sembra davvero un po’esagerato chiamare “automobili” certe carcasse ambulanti, ferite e rattoppate  nei modi più fantasiosi, stracariche di gente e di mercanzie. E’ impressionate vedere come questi spericolati mezzi di trasporto prendono d’assalto qualunque spiraglio di spazio per avanzare più veloci rispetto alla concorrenza
–    Testimoni di questo autentico spettacolo, e immersi anche loro in questo fiume tumultuoso  che riempie le strade dall’alba al tramonto, sono centinaia di poliziotti che devono trovare sulla strada un “salario minimo” che il Governo non riesce ad assicurare. Fanno un po’ tenerezza e compassione. Ma chi capita sotto i loro controlli, passa momenti difficili.
–    Accanto alle auto e agli automezzi c’è il fiume fluttuante della gente impegnata nelle più incredibili forme di traffici e commercio spicciolo. Si muove a ritmo intenso e vivace, portandosi intesta o sulle spalle quanto tenta di smerciare. Fermandosi in qualsiasi spazio e creando micro-esposizioni di qualsiasi prodotto, oggetto nuovo o vecchio, bello o brutto, utile o banale. Un misto incredibile di fantasia, illusione o forse, di disperazione, sono le spinte che mandano avanti questa umanità. Avrebbe il diritto di esplodere, di rivoltarsi contro un sistema politico e amministrativo che da decenni sta dilapidando le ricchezze del paese per i suoi interessi personali. Invece, semplicemente e tenacemente,  cerca sentieri di sopravvivenza.

Kinshasa, 30 ottobre, 2008
Politicamente le cose si mettono male.
Da un paio di giorni il Presidente Joseph Kabila ha formato il nuovo governo, mandando a casa il primo ministro Gizenga, antico rivoluzionario degli anni sessanta, vero dinosauro della politica congolese.
Ma all’est del Paese, nella regione del Nord Kivu, i ribelli del generale Nkunda, minacciano di conquistare la città di Goma. Il Generale responsabile della MONUC ( le forze internazionali dell’ONU presenti per difendere gli accordi di Pace nella zona), ha dato le dimissioni. L’esercito nazionale congolese (FARDC) non è in grado di difendere il Paese da qualsiasi nemico, tanto meno dalle forze del generale Nkunda, armate ed equipaggiate al massimo, e sostenute dal Rwanda.
La gente scappa dalla città di Goma, sapendo di rischiare la vita.
Euronews parla chiaramente di scontro razziale tra Tutsi (l’armata di Nkunda) e Hutu, la maggioranza dei residenti a Goma e dintorni. Le radici di questo scontro, che sembra non finire mai, sono profonde e complesse; in parte risalgono ai tempi della colonizzazione belga che ha radicalizzato le differenze razziali e ne ha facilitato la cristallizzazione. In parte si sono aggravate dopo i drammatici avvenimenti del 1994, (massacri dei Tutsi e Hutu moderati in Rwanda) e i successivi massacri della popolazione Hutu, fuggita in Congo dal Rwanda per evitare la vendetta dei Tutsi di Kagame, nuovi padroni del Rwanda. L’impresa rocambolesca e quasi incredibile di eliminare il dittatore Mobutu Sese Seko, condotta da un’alleanza militare tra Uganda e Rwanda, e guidata da  Laurent Kabila nel 1997, ha reso ancora più complessa la situazione dell’Est del Congo, zona ricchissima di minerali preziosi, considerata per anni dalle armate dei due paesi confinanti, come preziosa riserva per rifarsi della collaborazione prestata a Kabila. Il Generale Nkunda ha rinnegato gli accordi generali di Pace (Amani) e rimette in discussione il governo centrale di Kinshasa. Le istituzioni Politiche Internazionali (Nazioni Unite, Unione Africana e Unione Europea) non hanno il coraggio di denunciare l’aggressione di Nkunda, spalleggiato dal Rwanda.
Si limitano a deplorare la gravità di una ennesima “catastrofe umanitaria”! E a inviare delegati di altissimo livello, per constatare quello che tutti sanno: una spavalda violazione dei diritti umani di una popolazione inerme, con violenze, distruzione dei villaggi, massacri di innocenti.
E’ prevista una Conferenza Internazionale a Nairobi con la presenza dei Capi di Stato del Congo (Kabila), del Rwanda (Kagame) e degli altri paesi dei Grandi Laghi.
Intanto la gente muore. E due milioni di persone sono allo sbando.

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