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Missione di Rungu (Zaire), Ottobre 1983

By admin | ottobre 1, 1983

S H A L O M …. sui sentieri di chi costruisce la P A C E !

Zaire: Missione di Rungu – ottobre 1983

Carissimi,

da alcuni giorni siamo raccolti qui a Rungu: cinque giorni di Esercizi Spirituali seguiti da un’Assemblea sul tema della Inculturazione del messaggio cristiano in terra d’Africa.
Nella preghiera e nella riflessione siamo stati guidati da un giovane Gesuita Zairese che ci ha mostrato concretamente quello che da anni si va dicendo: l’Africa sta per ricambiare il dono che ha ricevuto; ci restituisce il Vangelo arricchito dalla sua saggezza e dalla sua esperienza. Stavolta, per alcuni giorni, un prete africano ha fatto scuola ad una cinquantina di missionari bianchi.
I ruoli si sono invertiti: il discepolo di una volta si è fatto guida ai suoi ex maestri.

E’ il piccolo segno di una realtà più vasta. Non si tratta di una rivalsa storica sul passato, ma della manifestazione di una Chiesa che si sta facendo viva e consapevole del suo ruolo, delle sue capacità di scelte autonome. Già in altre occasioni, ad esempio al Concilio Vaticano II e ai Sinodi di Roma, la Chiesa d’Africa si è fatta sentire con proposte vive e stimolanti: «Vogliamo un Vangelo chiaro e totale, senza tagli o riduzioni di comodo; un Vangelo che sia fermento della nostra cultura e risponda alle attese di salvezza che la pervadono!»

Una richiesta del genere è importante.
Di fronte a certe tradizioni africane ancora molto lontane dalla esperienza cristiana maturata lungo i secoli, qualcuno ha suggerito dei compromessi che dovrebbero facilitare l’accettazione del Vangelo.

La giovane chiesa africana non è d’accordo. Preferisce camminare con sofferenza e con lentezza alla ricerca di soluzioni più adeguate, piuttosto che lanciarsi in avventure superficiali. Su terreni delicati come quello della Famiglia, della formazione dei sacerdoti, dei rapporti con l’Autorità religiosa e politica sembra quasi che la Chiesa Africana sia fin troppo prudente e conservatrice. Mentre in altri settori, ad esempio nella creazione di nuovi ministeri per la comunità, ha già posto alcuni gesti profetici.
Il cammino sarà comunque lento e sofferto; il «vecchio» e il «nuovo» si confrontano ogni giorno nelle persone e nelle istituzioni, nella vita della gente semplice e nelle decisioni dei responsabili.
Questa chiesa sta cercando la sua identità inserita in una società che a sua volta è squassata da tensioni culturali, politiche ed economiche enormi. Noi missionari stranieri a volte restiamo un po’ perplessi; preferiremmo direttive e proposte concrete.

Ma c’è anche una realtà umana con la quale bisogna fare i conti. Alla prima generazione di cristiani che hanno scelto il Vangelo e hanno fatto un vero cammino di conversione si sono aggiunte ora una seconda e una terza generazione di persone che hanno ricevuto la Fede cristiana come dono nella famiglia. Qualcosa di cui si intuisce vagamente l’importanza, ma di cui non si colgono le implicazioni profonde per la vita. Qualcosa che costa, che obbliga a fare spesso delle scelte in contrasto con la mentalità corrente. E non tutti hanno questa capacità di confronto e di opposizione all’ambiente ostile e in fermento che li circonda.

I Vescovi Africani lo sanno. Perciò guidano la Chiesa senza forzare troppo. A volte sembrano perfino accettare un silenzio che sa di compromesso; ma nella ricerca sofferta di qualche proposta nuova, la loro prima preoccupazione è di non rompere la comunione con la Chiesa Universale, e con le sue scelte collaudate da secoli di esperienza.

Noi stiamo vivendo con loro questa stagione della pazienza e della ricerca.
Il nostro compito è quello di camminare con loro fraternamente. Crescere insieme scambiandoci i doni che il Signore ci ha fatto.

Il problema dei poveri.

Lo sappiamo bene. La Missione è innanzitutto incontro e servizio ai poveri; è la Buona Notizia che quelli si aspettano, la certezza che la loro sofferenza sarà in qualche modo alleviata.

Il fatto è che troppo spesso i Poveri ricevono solo le briciole del nostro tempo e delle nostre energie: prima vengono gli incontri, i programmi, gli impegni e un sacco di persone e cose che riteniamo “più importanti” che ci rubano la vita. Poi loro … sempre all’ultimo posto nonostante le belle dichiarazioni di principio. Quante volte devono aspettare una mattinata intera per poterti parlare anche solo un momento, per aprirti il cuore e farti una confidenza veloce; è vero che magari tentano anche di scroccarti qualcosa, ma soprattutto vogliono essere ascoltati e capiti.

Da noi a ANGO ci sono diverse categorie di poveri.

Anzitutto i tipi «classici», come gli storpi e i ciechi del Vangelo, che alla domenica trovano il modo di arrivare fino in chiesa, un po’ per pregare e un po’ per ricordare alla gente che ci sono anche loro e che il Signore è dalla loro parte. Un modo pratico per affermare il loro diritto a spartirsi le offerte della Messa. C’è una lista ufficiale di 57 poveri … e la possibilità di ricevere, per ora, un massimo di 8 zaires (la moneta ufficiale) al mese: poco più di niente!

Ma c’è anche la povertà nascosta nei quartieri e nelle capanne, quella che ormai ha paura a mostrarsi perché già più volte è stata rifiutata dalla freddezza dei parenti e amici. I poveri che vivono ormai solo di un po’ di acqua e di luce; spesso anziani e ammalati, troppe volte soli.
Poco tempo fa un vecchietto che si era allontanato un passo da casa è stato sorpreso dalla pioggia e non ha avuto la forza di rientrare. L’hanno trovato il giorno dopo in mezzo alla strada … non sappiamo neppure dove lo abbiano sepolto.

Alcuni anziani, ormai abbandonati da tutti, si sono raccolti in una povera costruzione che chiamano l’Ospedale Vecchio: una specie di Ricovero autogestito. Ma quando un uomo o una donna arrivano qui vuoi dire che alle spalle si è fatto il vuoto. E questo non va bene; è una forma di paganesimo che le generazioni passate non conoscevano.

Poi ci sono i poveri «moderni»; gli studenti più seri che vorrebbero proseguire nella loro formazione, ma non hanno i mezzi. Sono ragazzi e ragazze che vorrebbero spezzare il cerchio dell’ignoranza, del sottosviluppo, della paura che bloccano ancora la nostra zona; giovani disposti poi a impegnarsi a servizio degli altri. Abbiamo pensato di aiutarli come se si trattasse di un investi-
mento sul futuro del Paese; una specie dì prestito d’onore alle generazioni di oggi in vista del bene dell’Africa di domani. Vogliamo dare a loro la stessa fiducia che è stata data a noi; incoraggiarli e sostenerli come noi stessi lo siamo stati in misura ben più grande.

La povertà che ci circonda ci fa soffrire; ma non si può eliminare facilmente. Ha radici profonde e complesse che toccano il cuore dell’uomo, il suo modo di vedere il mondo e la vita, la sua cultura.

Ha profonde radici che affondano nel caos di una società post-coloniale che vacilla a causa di incapacità e corruzione a tutti i livelli. Oggi Io Zaire sta vivendo un momento difficile. Da poche settimane la moneta nazionale (zaire) è stata svalutata dal 400%; c’è ancora un controllo severo, ma ci si avvia alla scalata dei prezzi, mentre i salari sono stati aumentati solo del 25%. Il Presi-
dente Mobutu è volato in Europa a trovare i suoi amici francesi; ma intanto parecchi funzionari dello Stato e insegnanti pensano di abbandonare la loro professione. Anche solo
coltivando i campi si potrebbe vivere meglio.

Di fronte a questa situazione le scelte possono essere almeno due: o tornarsene a casa in santa pace, spaventati o delusi per un’Africa troppo disperata, oppure rimboccarsi le maniche e fare qualcosa.
Abbiamo scelto di restare e di metterci al lavoro.

E di invitare anche voi a darci una mano.

Un caro saluto. Forza a tutti!

P. Gianni

Topics: '82 - '90 Congo | No Comments »

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